giovedì 20 giugno 2013

L’anno nero delle costruzioni. Oltre 11mila le imprese fallite

Sulla Stampa ci sono notizie non tanto belle per quanto riguarda il settore delle costruzioni e dei posti di lavoro.

«Il 2012 è stato per le costruzioni l’anno più nero» nella crisi «più intensa e più lunga nella storia del Paese», sottolinea l’associazione dei costruttori Ance. Che calcola: da inizio crisi i posti di lavoro persi sono 446mila, con i settori collegati salgono a 669mila «come l’intera popolazione di Palermo». 11.177 le imprese fallite. 
«Abbiamo toccato il fondo», sottolinea il rapporto dell’osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni dell’Ance. «Mai così bassi gli investimenti», che nel 2013 arrivano al sesto anno consecutivo di caduta, con un calo complessivo del 29%.
Le imprese delle costruzioni che da inizio crisi hanno chiuso i battenti rappresentano il 23% dei fallimenti registrati in tutti i settori economici.
«Muore l’edilizia, muore la filiera», evidenzia il rapporto, indicando che nel 2012 le consegne di cemento sono diminuite del 22,6% ed il fatturato del legno del 19%.
Le stime per il 2013 indicano che gli investimenti «registreranno una ulteriore caduta del 5,6% rispetto al 2012», nonostante l’effetto positivo degli interventi del governo su incentivi fiscali e debiti della P.a.
Per il 2014 sono due gli scenari possibili tracciati dall’associazione dei costruttori: senza politiche per il settore gli investimenti continueranno a calare del 4,3%, e vorrà dire che in sette anni le costruzioni avranno perso investimenti per 59,3 miliardi, il 32,1%. Sarà «il tramonto dell’intero tessuto industriale dell’edilizia».
Se invece verranno messe in campo politiche per il settore, ed in particolare attuando le proposte dell’associazione dei costruttori (revisione Imu, messa a regime degli incentivi fiscali per ristrutturazioni e ecobonus, riattivazione del circuito del credito) gli investimenti potrebbero tornare a crescere, dell’1,6%.
Spendere 5 miliardi in infrastrutture nel 2014 aumenterebbe il Pil dello 0,33% e produrrebbe 44.500 posti di lavoro: una «manovra di rilancio» da mettere in campo nei prossimi 5 anni è possibile, sostiene l’Ance, senza sforare il limite del 3% di deficit e riducendo addirittura il rapporto debito/Pil’’.

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