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martedì 19 novembre 2013

Costruzioni in profondo rosso: a settembre -6,1% della produzione

La produzione edilizia ha subito negli ultimi anni un calo violento. Il peggiore dal dopoguerra ad oggi. Si seguito la testimonianza del Sole 24 Ore.

Costruzioni in profondo rosso. Il settore dell'edilizia continua ad annaspare in una crisi gravissima, che non accenna a mollare la presa. I dati Istat sulla produzione nelle costruzioni relativi al mese di settembre sono eloquenti: l'indice corretto per gli effetti di calendario, a settembre 2013, è diminuito in termini tendenziali del 6,1% (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 20 di settembre 2012).
Nella media dei primi nove mesi dell'anno la produzione nelle costruzioni è scesa dell'11,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nel mese di agosto lo stesso indice aveva registrato un calo ancora maggiore: -10,3%. Ma è soprattutto la tendenza di medio periodo a destare allarme: prendendo come riferimento i dati corretti per gli effetti del calendario balzano subito agli occhi una serie di dati negativi che iniziano nel 2010 e si protraggono senza interruzioni fino al settembre del 2013. In effetti la crisi economico-finanziaria che ha investito il nostro Paese ha trascinato il settore delle costruzioni nella recessione più grave dal dopoguerra a oggi.

Nel quinquennio 2008-2012 c'è stata una riduzione degli investimenti nelle costruzioni del 26%, con –47% per le nuove costruzioni e -39% per le opere pubbliche: 43 miliardi di euro in meno hanno riportato i livelli di produzione a quelli di 40 anni fa. Dall'inizio della crisi oltre 40mila imprese di costruzioni hanno chiuso i battenti per un totale di 360mila posti di lavoro persi, che arrivano a 550mila se si considerano anche i settori collegati. E senza tener conto degli studi professionali costretti a ridurre i collaboratori.
Per completare i dati Istat su settembre, l'Istat segnala che l'indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni è diminuito, rispetto ad agosto 2013, dell'1,8%. Nella media del trimestre luglio-settembre l'indice ha registrato un incremento dell'1,6% rispetto ai tre mesi precedenti. Infine a settembre 2013 l'indice grezzo ha segnato un calo tendenziale del 2,8% rispetto allo stesso mese del 2012.

Per arrestare la caduta, secondo le imprese di costruzioni, è necessario: 1) liberare le risorse disponibili bloccate da una burocrazie soffocante e da regole disincentivanti come il patto di stabilità interno; 2) valorizzare la qualità italiana del prodotto edilizio; 3) attrarre investimenti privati ridefinendo politiche fiscali che oggi deprimono l'investimento immobiliare rispetto a quello mobiliare; 4) ridare equità ai contratti dando certezza ai tempi di pagamento; 5) riportare le banche al loro storico ruolo di partner degli operatori e delle famiglie; 6) definire una moderna politica industriale basata su credibilità, trasparenza, garanzie reali, qualificazione, merito, professionalità.

martedì 1 ottobre 2013

Assicurazioni, 40 anni di regali di stato

Da ilrisparmiotradito.it ecco un consiglio: smettiamo di versare soldi in polizze non trasparenti e non convenienti. Finte assicurazioni dannose.

Da Repubblica a Panorama è stata una generale levata di scudi con espressioni del tipo "Irpef più cara per sei milioni d'italiani", "risparmiatori trattati come mucche da mungere" ecc. Né sono state da meno le cosiddette associazioni di consumatori.

Motivo di tanto sdegno è una delle misure per compensare l'abolizione dell'Imu sulle prime case. Cioé le limitazioni per il 2013 e ancor più per i prossimi anni alla detraibilità fiscale di alcune polizze. La decisione sarà anche criticabile per quelle per il caso di morte, l'invalidità e simili. Ma chi ha a cuore i risparmi degli italiani (e non i guadagni degli assicuratori) può solo essere contento.

Sono quasi quarant'anni che l'Erario aiuta le compagnie d'assicurazione a rifilare polizze pseudo-previdenziali, all'inizio allegramente deducibili dall'Irpef, poi detraibili; e tali rimaste anche dopo la riforma della materia in vigore dal 2001, purché sottoscritte prima. Siamo di fronte a un caso di elusione fiscale, deprecabile sino dall'origine. Un regalo agli assicuratori e uno specchietto per le allodole per i risparmiatori.

Neanche ora il governo ha avuto il coraggio di dare un taglio netto, ma almeno ha ridotto il favore ai minimi termini: rimarrà un 19% di 230 euro. Una miseria: 44 euro l'anno.

Milioni d'italiani esitano a interrompere i versamenti di polizze anche trentacinquennali, dissuasi dagli assicuratori e da tanti sedicenti esperti, complici dell'industria del risparmio gestito, che spergiurano che non converrebbe.

Questa è l’occasione buona per smettere di versare soldi in polizze non trasparenti, rischiose e soprattutto di regola non convenienti. Finte assicurazioni non inutili, bensì dannose.

Anziché sbraitare perché qualche risparmiatore è indotto a svincolarsi dalle grinfie degli assicuratori, meriterebbe piuttosto chiedere l'eliminazione di una palese ingiustizia tributaria del settore. Infatti azioni e obbligazioni danno diritto al ricupero fiscale delle perdite, noto anche come credito d'imposta sul capital gain. Perché tale compensazione è negata ai tantissimi italiani che ci hanno rimesso, ci rimettono e ci rimetteranno con la previdenza integrativa?

mercoledì 18 settembre 2013

Immobili, il Fisco è cambiato. Ecco come approfittarne

Pare che il Corriere della Sera ci dia notizie quasi confortanti per quanto riguarda il fisco! 

Il conto presentato dal Fisco a chi vuole comprare casa si riduce. Con una norma inserita a sorpresa nel decreto sull’Istruzione, sono state modificate da gennaio 2014 le imposte di registro, ipotecaria e catastale.
Il vantaggio è particolarmente rilevante quando la transazione riguarda la «prima casa» e l'acquisto avviene da privato o da società non costruttrice. Infatti l'imposta di registro scende dall’attuale 3% al 2% mentre le due altre imposte che ora si pagano in quota fissa, quella ipotecaria e quella catastale, scendono a 50 euro l'una dai 168 attuali. 
Dal trattamento «prima casa» sono però escluse le abitazioni delle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. Questi immobili saranno assimilati ai fini fiscali alle seconde case e dovranno pagare l'imposta di registro al 9% invece dell'attuale 7%. Anche per questi immobili però si pagherà l'imposta catastale e ipotecaria in quota fissa a 100 euro complessivi a fronte del 3% applicato oggi e il conto sarà quindi più favorevole al contribuente.
Il conto
Per comprare una prima casa con un imponibile di 150mila euro (ricordiamo che le imposte non si applicano sul prezzo reale ma sul valore catastale) oggi si pagano 4.836 euro. Con le nuove regole si scenderà a 3.100, con una riduzione di 1.736 euro. Per lo stesso immobile, che però non abbia diritto ad agevolazioni, il Fisco presenterà un conto di 13.600 euro contro i 15.000 attuali. Verosimilmente queste modifiche porteranno chi deve comprare casa oggi a far slittare il rogito a gennaio 2014.
Avranno effetto prima gli altri provvedimenti presi del governo per dare una scossa al mercato immobiliare, a partire da quelli presenti nel decreto legge 102, che prevede un complesso di misure a favore del mattone. A partire dall’abolizione della prima rata dell’Imu sulle abitazioni principali (per l'abrogazione anche della rata a saldo di dicembre bisognerà aspettare la legge di stabilità). Il decreto inoltre agevola fiscalmente i contratti di locazione a canone concordato (l’aliquota scende dal 19% al 15%) e prevede nuove forme di raccolta dei fondi per i mutui che dovrebbe essere concessi con minori difficoltà rispetto ad oggi. Sono disposizioni che si aggiungono a quelle varate a giugno sulla proroga alle agevolazioni per la ristrutturazione edilizia e sulla proroga e innalzamento del bonus (dal 55% al 65%) per la riqualificazione energetica.
Cambio di rotta
La scelta di cambiare strategia, e non penalizzare ulteriormente il mattone, appare obbligata in una fase in cui si moltiplicano gli indizi di una prossima uscita dalla recessione per l'Azienda Italia. In epoca postindustriale forse il mattone non è più il motore principale dell'economia, ma anche oggi è ben difficile pensare che il Pil possa crescere con vendite di case ai minimi storici.
D'altro canto è facile mostrare l'andamento negativo dell'Azienda Italia sia stato finora parallelo a quello del mattone. Basta misurare di quanto la crisi economica abbia falcidiato il risparmio immobiliare; dal 2008 a oggi, a moneta costante, le abitazioni usate di pregio hanno perso il 19,4% del valore nella media delle grandi città con punte del 26,4% a Firenze. Milano ha fatto segnare -17,9%, Roma -14,1%. Nelle zone residenziali il calo medio è stato del 21,9% e nelle periferie si è scesi del 23,4%, con il capoluogo emiliano che sfiora il 30% e Milano che tocca -27,6%. Se si considera che le transazioni sono quasi dimezzate nel quinquennio è evidente che anche le casse erariali ne hanno sofferto.

giovedì 5 settembre 2013

Casa: sempre più lunghi i tempi di vendita

Per via della crisi, oggi vendere casa richiede mediamente 8,5 mesi con un ribasso medio sul prezzo iniziale richiesto del 16,5% a fine trattativa. E' ciò che emerge dal rapporto di Nomisma che fa sapere che attualmente il periodo non è tra i migliori per vendere un immobile.

Nel dettaglio
La prima fonte di preoccupazione per Nomisma resta la contrazione del credito, finalizzato all'acquisto di un immobile. Le banche non concedono mutui e questo porta ad una contrazione delle vendite. Ma la crisi del mercato immobiliare si manifesta, secondo Nomisma, anche con il dilatarsi dei tempi di vendita a fronte di un'offerta crescente e disposta a rivedere il prezzo ovviamente al ribasso. "Fino a un anno fa, chi vendeva non voleva abbassare i prezzi e la forbice tra domanda e offerta era molto ampia", afferma Paolo Righi, presidente di Fiaip, la federazione degli agenti immobiliari. "Oggi domanda e offerta iniziano a incontrarsi - aggiunge - e i venditori sanno che devono abbassare le pretese, soprattutto chi cede il vecchio usato per migliorare il suo stato abitativo. Chi vende per sostituzione, infatti, oggi è disposto a scendere, anche perché sa di poter trovare a un po' meno".

Inoltre va detto che negli ultimi due anni si sono aggiunti numerosi aspetti: visto che l'offerta è tanta e la domanda è poca, chi vuol compare valuta sempre più elementi dell'immobile che i clienti vogliono valutare anche l'utilizzo di nuove metodologie costruttive e il risparmio energetico.

Precisamente i tempi medi per chiudere una trattativa hanno raggiunto gli 8,5 mesi nel residenziale, 10,4 mesi per gli uffici, i 9,8 mesi per i negozi e i 7 mesi per i box auto.Un allungamento, in un anno,di circa un mese e mezzo per tutte le tipologie. In sostanza, dice Nomisma "l'offerta si scontra con una domanda debole e con ridotte capacità di spesa, al punto che chi è interessato a comprare davvero un immobile alla fine riesce ad ottenere un ribasso sul prezzo di oltre sedici punti rispetto al posto fissato all'inizio. Quindi chi vuol portare a termine l'operazione, inoltre, deve essere disposto a ribassare le proprie aspettative e a stabilire prezziche siano più conformi a quelli di mercato e alle esigenze della domanda.

lunedì 1 luglio 2013

Casa, nuovi sconti per chi ristruttura

Dalla Stampa: nuovi incentivi al fine di far ripartire i consumi e sostenere alcuni settori particolarmente colpiti dalla crisi.

Meno tasse da pagare per chi decide di ristrutturare casa, migliorare l’efficienza energetica e al contempo cambiare mobili. Entra in vigore da oggi (anche se sono ammesse le spese effettuate già a partire dal 26 giugno) il nuovo bonus ristrutturazioni, rafforzato dal governo rispetto alle norme in scadenza a fine giugno alla scopo di far riprendere i consumi e sostenere alcuni settori particolarmente colpiti dalla crisi. Le regole fissate prevedono la possibilità fino al 31 dicembre 2013, di effettuare ristrutturazioni edilizie per un tetto massimo di spesa di 96 mila euro, di cui è detraibile il 50% in 10 anni. A tale provvedimento si aggiunge un bonus per mobili destinati all’arredamento di immobili ristrutturati. Per l’acquisto di mobili il tetto massimo di spesa è di 10 mila euro. Avvertenza importante: ristrutturazioni e acquisti di mobili devono essere effettuati tassativamente entro il 31 dicembre. Vediamo nel dettaglio le modalità per usufruire degli incentivi.

Chi ne ha diritto 
I proprietari di un immobile, ma anche chi beneficia dell’usufrutto o della nuda proprietà. Ma anche chi è in affitto o gli eventuali familiari conviventi con il proprietario possono beneficiare dell’agevolazione fiscale.

Come ottenere i rimborsi
Bisogna documentare le spese, che devono essere effettuate dal primo luglio al 31 dicembre 2013. Documentare vuol dire effettuare pagamenti in modo che siano tracciabili, quindi con bonifici bancari o postali da cui risultino codice fiscale di chi ha sostenuto le spese dei lavori e la causale corrispondente. Naturalmente le spese vanno documentate con il rilascio di regolare fattura e partita Iva dell’esecutore dei lavori.

Quali interventi ammessi 
Si può spendere fino a un massimo di 96 mila euro per immobile di cui verrà rimborsato il 50%. Sono compresi nell’agevolazione i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, la messa in sicurezza sismica (anche in seguito ai danni causati da un terremoto). Il bonus è previsto anche per la rimozione di barriere architettoniche, di materiali cancerogeni come l’amianto e per l’installazione di sistemi di domotica. Sono compresi anche gli impianti di sicurezza e quelli idonei per abbattere l’inquinamento acustico.

Come funziona il rimborso 
Il bonus è del 50% e viene rimborsato dallo Stato in dieci anni, con una rata ogni 12 mesi.

Efficienza energetica 
Gli interventi di miglioramento dell’efficenza energetica danno luogo ad un rimborso maggiore, arrivando al 65% e comprendendo i lavori per condomini o singole abitazioni che prevedano il rifacimento della coibentazione, l’installazione di infissi termici. Sono invece esclusi dagli incentivi la sostituzione di caldaie e la realizzazione di impianti geotermici. Via libera per impianti di climatizzazione e l’installazione di pannelli per l’acqua calda alimentati a energia solare. Nel caso di lavori condominali, il tempo a disposizione per accedere alle agevolazioni sarà maggiore (fino al 30 giugno 2014).

Arredamento 

Per la prima volta sarà possibile una detrazione per l’acquisto di mobili. L’importo massimo consentito è di 10 mila euro (50% il rimborso detraibile sempre in 10 anni). Condizione essenziale è che il rifacimento dell’arredamento sia successivo a un intervento di ristrutturazione. Gli elettrodomestici in un primo tempo non compresi nei rimborsi rientreranno nelle detrazioni una volta che sarà convertito definitivamente il decreto ancora all'esame del Parlamento. Varrà per i grandi elettrodomestrici, ma eslusivamente da incasso, di classe non inferiore ad A+ (A per i forni).

In caso di vendita della casa 

Se l’immobile ristrutturato viene ceduto, chi vende può continuare a beneficiare del bonus.

martedì 25 giugno 2013

Se ferie e Rc auto si pagano a rate

è meglio indebitarsi per andare in vacanza o per assicurare la propria macchina? questa è la domanda che si pone il Sole 24 Ore.
 
Indebitarsi per andare in vacanza? O per assicurare l'auto? Il numero di chi ricorre a un finanziamento non per comprare beni fisici ma servizi è in aumento.
Segno della crisi e anche di un cambiamento culturale. Nonostante i dati Assofin registrino che l'erogazione dei finanziamenti dei primi 4 mesi dell'anno sia in contrazione del 5,6% rispetto all'analogo periodo del 2012, secondo l'osservatorio del comparatore Facile.it è aumentato del 13% l'importo medio richiesto per le vacanze (4.700 euro nell'analisi 2013, contro i 4.100 euro di quella relativa allo stesso semestre dello scorso anno). Si tratta ancora di una goccia nel mare se si guarda al totale delle richieste: si è passati dallo 0,7% allo 0,83% del totale delle richieste di prestito personale presentate in Italia.
Tuttavia la scelta di indebitarsi può costare cara e avere ripercussioni sulle finanze familiari di lungo periodo: per ripagare la vacanza, secondo un'elaborazione realizzata dal comparatore Facile.it per «Plus24», bisogna sborsare mensilmente oltre 218 euro per un finanziamento a 24 mesi, che scende a 120 euro in 4 anni. Prima di tuffarsi con spensieratezza è meglio pensarci bene e pensare al prossimo anno: si stipulerà un altro prestito per andare in vacanza? Liberarsi dalle rate non è facile allora forse è meglio ridurre il periodo di ferie o scegliere una meta più accessibile rispetto al desiderio iniziale: senza dimenticare che la vacanza deve essere prima di tutto spensierata quindi inutile andare nel luogo dei sogni per poi trascorrere un soggiorno con il pensiero dei sacrifici da fare al rientro in città. Va poi tenuto presente che in caso di necessità future potrebbe rendersi necessario stipulare nuovi finanziamenti per bisogni ben più urgenti. I prestiti già in corso pesano sulla valutazione dell'ente erogatore, soprattutto in tempi di stretta creditizia come l'attuale.
Per esempio potrebbe essere necessario indebitarsi per assicurare la propria auto. Come è noto il parco di veicoli circolante si sta riducendo: molti lasciano la macchina in garage pur di non sottoporsi al balzello, o circolano senza contrassegno. Complice anche il caro Rc auto: in Italia le tariffe sono il doppio di quelle francesi, come ha ricordato martedì scorso Giovanni Pitruzzella, presidente dell'Antitrust. Per venire incontro alle difficoltà degli assicurati alcune compagnie permettono di rateizzare il premio in rate mensili attraverso delle carte revolving offerte dalle compagnie stesse in accordo con dei circuiti di pagamento. Genertel, offre Genertel Visa. Cattolica assicurazioni propone CattolicaCard, realizzata in accordo con la Compass mentre l'altra compagnia del gruppo offre Duomo UniOne Card. Genialloyd punta su Carta Viva Genialloyd con possibilità di rateizzare in quattro rate a tasso del 9,38%

giovedì 20 giugno 2013

L’anno nero delle costruzioni. Oltre 11mila le imprese fallite

Sulla Stampa ci sono notizie non tanto belle per quanto riguarda il settore delle costruzioni e dei posti di lavoro.

«Il 2012 è stato per le costruzioni l’anno più nero» nella crisi «più intensa e più lunga nella storia del Paese», sottolinea l’associazione dei costruttori Ance. Che calcola: da inizio crisi i posti di lavoro persi sono 446mila, con i settori collegati salgono a 669mila «come l’intera popolazione di Palermo». 11.177 le imprese fallite. 
«Abbiamo toccato il fondo», sottolinea il rapporto dell’osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni dell’Ance. «Mai così bassi gli investimenti», che nel 2013 arrivano al sesto anno consecutivo di caduta, con un calo complessivo del 29%.
Le imprese delle costruzioni che da inizio crisi hanno chiuso i battenti rappresentano il 23% dei fallimenti registrati in tutti i settori economici.
«Muore l’edilizia, muore la filiera», evidenzia il rapporto, indicando che nel 2012 le consegne di cemento sono diminuite del 22,6% ed il fatturato del legno del 19%.
Le stime per il 2013 indicano che gli investimenti «registreranno una ulteriore caduta del 5,6% rispetto al 2012», nonostante l’effetto positivo degli interventi del governo su incentivi fiscali e debiti della P.a.
Per il 2014 sono due gli scenari possibili tracciati dall’associazione dei costruttori: senza politiche per il settore gli investimenti continueranno a calare del 4,3%, e vorrà dire che in sette anni le costruzioni avranno perso investimenti per 59,3 miliardi, il 32,1%. Sarà «il tramonto dell’intero tessuto industriale dell’edilizia».
Se invece verranno messe in campo politiche per il settore, ed in particolare attuando le proposte dell’associazione dei costruttori (revisione Imu, messa a regime degli incentivi fiscali per ristrutturazioni e ecobonus, riattivazione del circuito del credito) gli investimenti potrebbero tornare a crescere, dell’1,6%.
Spendere 5 miliardi in infrastrutture nel 2014 aumenterebbe il Pil dello 0,33% e produrrebbe 44.500 posti di lavoro: una «manovra di rilancio» da mettere in campo nei prossimi 5 anni è possibile, sostiene l’Ance, senza sforare il limite del 3% di deficit e riducendo addirittura il rapporto debito/Pil’’.

giovedì 13 giugno 2013

La Grecia esce dai Pigs ed entra nei Bric

Il Sole 24 Ore: brutte notizie per la Grecia.

La sfortuna sembra accanirsi con la Grecia. Il Paese ellenico è stato declassato oggi da Msci - società che gestisce panieri finanziari - da Paese sviluppato a Paese emergente. La decisione è stata presa anche in considerazione del crollo della Borsa di Atene (-87% dal 2007).
Il timing del declassamento non è dei migliori. Perché gli analisti finanziari sono sempre più convinti che sui Paesi emergenti incombe il rischio dello scoppio di una bolla finanziaria. Nelle ultime due settimane borse, bond e valute di Brasile, India, Russia e Cina (i cosiddetti Bric) sono stati venduti. Ma nell'elenco si possono inserire anche Turchia, Messico e Filippine, Paesi che rientrano a tutto tondo nella sfera degli emergenti. Come mai? L'ipotesi di uno stop o di un rallentamento del quantitative easing statunitense potrebbe colpire in primo luogo i mercati emergenti che sono quelli ad aver maggiormente beneficiato dell'enorme liquidità iniettata dalle banche centrali, con la Federal Reserve in prima fila
Ovviamente per la Grecia si tratta solo di una coincidenza che, peraltro, potrebbe non avere alcuna influenza sull'andamento finanziario degli strumenti quotati. Ma fa comunque riflettere il fatto che la cattiva sorte sembra non volere abbandonare Atene, neanche quando si tratta di iniziare una nuova avventura: da quella sfortunata nei Pigs a quella che nasce oggi nei Bric.

martedì 28 maggio 2013

Mutui al punto di non ritorno. Tre mosse per farsi furbi allo sportello

Dal Sole 24 Ore brutte notizie per quanto riguarda i mutui e i prestiti bancari. Ma c'era da aspettarselo.

Quello attuale, non ci vuole la sfera di cristallo per saperlo, non passerà agli annali per essere il momento più semplice per ottenere un mutuo o per cambiare le condizioni in corsa del proprio prestito ipotecario. Le erogazioni sono in profondo calo, così come le richieste. Perché è come un cane che si morde la coda. Da un lato molte banche non intendono spingere in questo momento di magra nel prodotto mutui, di certo molto meno profittevole, soprattutto nel brevissimo periodo, rispetto ad altri modi di "impiegare" il capitale. Dall'altro molte famiglie, prevedendo che la crisi continuerà, preferiscono giocare di riserva con un atteggiamento guardingo. Magari aspettando nuovi cali del mercato immobiliare. In attesa di
capire quello che ne sarà dell'Imu sulla prima casa o di altre misure atte a rivitalizzare un mercato delle case piombato violentemente agli anni '80. Insomma, domanda e offerta non vanno, per motivi diversi, d'amore e d'accordo in questo momento quando si parla di mutui. Ne consegue che per chi è orientato in questa direzione le scelte si fanno più difficili. Gli spread praticati dalle banche sui prestiti ipotecari restano infatti vicini ai massimi da quando è stato introdotto l'euro. Nella migliore delle ipotesi si riesce a spuntare un 3% sul fisso e un 2,8% sul variabile. Siamo lontano anni luce da spread sotto l'1%, agevolmente praticati fino al 2008. Di converso, gli indici europei che si sommano allo spread e che determinano poi il tasso di interesse finale a carico del destinatario, sono ai minimi di tutti i tempi. Gli Euribor (le cui variazioni incideranno nel bene e nel male nelle rate future di chi opta per un tasso variabile) sono pressoché azzerati: l'indice a 1 mese è allo 0,112% e il trimestrale allo 0,2%. Nei prossimi cinque anni - secondo i future sull'Euribor quotati sul mercato Liffe - dovrebbere lentamente salire ma restare comunque sotto il 2%. Che dire degli Eurirs (gli indici che interessano solo al momento della stipula, perché è in quel giorno che vengono presi e fissati sul piano di ammortamento, gli aspiranti mutuatari orientati verso il tasso fisso)? Mai così bassi. L'Irs a 10 anni quota 1,66%, l'Irs a 20 a 2,7% e il 25 anni (molto gettonato perché 25 anni è la durata media oggi richiesta per un mutuo) si attesta al 2,3%. Sommando gli addendi il fattore cambia. I migliori variabili (forti di Euribor praticamente azzerati) si stipulano oggi poco sopra il 3%. I migliori fissi poco oltre il 5%. La differenza, 200 punti base, non è di poco conto. Soprattutto in un momento come questo in cui il pericolo che gli Stati dell'Eurozona girovaghino ancora a lungo intorno alle sabbie mobili dei tassi vicino a quota zero resta alto.


venerdì 10 maggio 2013

Banche, in Europa si allenta la stretta del credito. In Italia no



Leggendo il Fatto Quotidiano....


Nel primo trimestre dell’anno ha continuato a ridursi la stretta creditizia per le imprese e le famiglie ma il calo netto della domanda di prestiti si è accentuato, soprattutto per quelli alle famiglie. E’ quanto emerge dall’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro per il primo trimestre del 2013 pubblicata sul bollettino mensile della Bce.
Nei primi tre mesi, per l’area dell’euro nel suo complesso, rileva l’Istituto di Francoforte, “l’irrigidimento netto dei criteri di concessione dei prestiti applicati dalle banche alle imprese è diminuito, portandosi al di sotto della media storica calcolata dall’inizio dell’indagine nel 2003. Anche quello sui prestiti per l’acquisto di abitazioni ha mostrato un’attenuazione, pur rimanendo lievemente superiore alla relativa media storica. Per quanto riguarda il credito al consumo, il livello di irrigidimento netto si è mantenuto ampiamente in linea con la media storica”.
Per quanto riguarda la domanda di prestiti da parte delle imprese, le banche dell’area dell’euro “hanno segnalato che il calo netto è rimasto sostanzialmente invariato nel primo trimestre del 2013, collocandosi su un livello di gran lunga inferiore alla media storica. Secondo gli istituti interpellati, tale andamento ha riflesso soprattutto il contributo negativo degli investimenti fissi. Nello stesso periodo la perdurante flessione netta della domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni e credito al consumo da parte delle famiglie si è accentuata, a indicare che la contrazione netta della domanda è tornata su livelli comparabili a quelli dichiarati nel 2012”. Per il secondo trimestre del 2013 le banche “si attendono un grado di irrigidimento netto per i prestiti alle imprese invariato, nonchè un’ulteriore riduzione di quello riguardante i prestiti erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni e per i consumi”.
Nessun barlume di speranza per l’Italia, invece, dove secondo i dati della Banca Centrale a marzo è cresciuta ancora la contrazione dei prestiti bancari ai privati. I dettaglio, i finanziamenti sono scesi su base annua dell’1,6%, contro il -1,4% di febbraio. I prestiti alle famiglie sono scesi dello 0,8% sui 12 mesi (-0,7% a febbraio), quelli alle società non finanziarie sono diminuiti del 2,8% (-2,7% a febbraio).
Insomma, l’unica nota positiva registrata da Bankitalia, è stato un calo degli interessi sui mutui. Secondo i dati dell’istituto, i tassi sui finanziamenti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni sono diminuiti al 3,90 per cento (3,98 per cento a febbraio) e quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo sono diminuiti al 9,64 per cento (9,78 a febbraio). I tassi d’interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie, invece, sono rimasti pressochè invariati, così come quelli passivi sul complesso dei depositi in essere.
Sul fronte delle banche, infine, accelera il tasso di crescita delle sofferenze sui 12 mesi che è aumentato al 21,7% rispetto al 18,6% del mese precedente. L’aumento del tasso di crescita delle sofferenze sarebbe da attribuire al proseguire della congiuntura economica negativa. Nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria di qualche settimana fa la Banca d’Italia segnalava un peggioramento del flusso di nuove sofferenze per le imprese, specie quelle delle costruzioni, a causa del perdurare della crisi.“Secondo gli indicatori prospettici – spiegava il rapporto – sarebbe in atto un ulteriore deterioramento: l’indice basato sul passaggio dei prestiti alle imprese tra le diverse categorie utilizzate dalle banche a fini gestionali è ancora peggiorato; sono inoltre aumentate sia la probabilità di ingresso in sofferenza entro un anno, sia la quota dei prestiti a debitori in temporanea difficoltà”.

martedì 30 aprile 2013

Imu, la sospensione della rata di giugno vale due dei 4 miliardi di euro di gettito

Il Sole 24 Ore ci dà una luce di speranza per quanto riguarda l'Imu. Si riuscirà mai ad abbattere?

La tassazione sulla prima casa dovrà essere rivista e alleggerita. Per dar tempo al Governo di intervenire sarà sospeso il pagamento dell'acconto Imu previsto a giugno.
Il premier in pectore Enrico Letta ha sintetizzato con questo passaggio il programma dell'Esecutivo sul prelievo relativo agli immobili nel suo discorso alla Camera. Un passaggio molto atteso che dovrebbe, appunto, evitare il pagamento dell'acconto 2013 dell'imposta municipale in calendario a giugno. L'intervento d'urgenza dovrebbe preludere a una revisione complessiva dell'Imu che dovrebbe eliminare l'obbligo tributario almeno per le fasce di reddito più basse. Il gettito Imu sulla prima casa vale circa 4 miliardi di euro. L'acconto Imu si dovrebbe pagare entro il 17 giugno prossimo (il 16 è domenica). Secondo le nuove regole inserite nel decreto approvato il 6 aprile dal Governo, l'anticipo dovrebbe essere calcolato sulle nuove aliquote eventualmente decise dal Comune a patto che la delibera venga adottata e inviata alle Finanze entro il 9 maggio, e pubblicata sul sito del ministero entro il 16. Negli altri casi, l'acconto sarà calcolato in base alle aliquote 2012 (di fatto calcolando il 50% dell'Imu dovuta nel 2012), e l'adeguamento alle eventuali nuove aliquote (inviate alle Finanze entro il 9 novembre) avverrà al saldo.
In pratica la sospensione "copre" il 50% del gettito, circa 2 miliardi di euro. È probabile che la rimodulazione dell'Imu (il Pdl vorrebbe in realtà l'abolizione tuot court dell'Imu sulla prima casa con la restituzione di quanto pagato nel 2012, intervento che costerebbe circa 8 miliardi di euro) per fasce di reddito sia realizzata tecnicamente con una manovra diretta ad aumentare le detrazioni sull'abitazione principale evetnualmente coordinata con gli sconti per i carichi di famiglia che premi i nuclei più numerosi). Il costo definitivo dell'operazione potrebbe essere di circa 2, 2,5 miliardi.
In alternativa si sta studiando la possibilità di ridurre i coeffecienti di calcolo dell'Imu sempre nell'ottica di un "taglio" selettivo che vada incontro alle categorie più deboli. Dal discorso del premier in pectore non si evince la possibilità di un ritocco all'Imu relativa agli immobili delle imprese, per le quali nel 2013 i comuni possono solo innalzare le addizionali senza la chance di introdurre sconti.

mercoledì 24 aprile 2013

Crolla il mercato della casa? Mah, non sembrerebbe

Dalle news di Of-Osservatorio finanziario arriva un barlume di speranza per quanto riguarda la compravendita nel settore immobiliare.

Le compravendite di immobili ad uso residenziale, dice l’Istat, sono calate drasticamente, arrivando a fine 2012 a segnare un tondo -25%. Anche se l’idea che ci si può fare è che, forse, il dato reale sia molto più consistente. Anche i prezzi delle case, continua l’Istat, nel quarto trimestre del 2012, sono diminuiti. Facendo registrare un 1,5% in meno rispetto al trimestre precedente. Che diventa -4,6% se confrontato con il dato dello stesso periodo del 2011. Dovrebbe essere una buona notizia per chi cerca casa. Ma anche in questo caso, permane lo scetticismo. Online, sui forum, nelle pagine dei commenti e sui social network, nonché tramite email inviate alla redazione di Of-Osservatorio finanziario, i lettori si scatenano. “Penso che il dato sia sovrastimato. Probabilmente fa riferimento ai prezzi proposti, che sono in calo. Bisognerebbe conoscere i prezzi reali di compravendita, ma questo è uno dei capitoli più oscuri del mercato immobiliare italiano”, accusa Max. “Qualcuno mi spiega in quale parte d'Italia è avvenuto questo calo di prezzi?”, ironizza Giocons1. E ancora, “le case sono comunque sempre troppo care, specialmente quelle esistenti”, recrimina Alzatiitalia.

Come stanno davvero le cose? Chi ha ragione e chi torto? Cos’è successo, veramente, ai prezzi delle case? E soprattutto, cosa accadrà in futuro?
Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari, non ha dubbi: hanno ragione i lettori. “Sembra paradossale. Ma nonostante scendano le compravendite di case, i prezzi non calano”, conferma, “è un po’ lo stesso fenomeno che accade per le automobili e sembra normale che, nonostante il crollo (superiore a quello delle case) nelle vendite di nuove auto i prezzi dei modelli non scendano, anzi salgono sempre un pochino. E neppure accade che si vendano solo le Tata o le Yaris che costano meno di 10.000 euro: il mercato compra le Audi o le Ypsilon e si mette in fila. Per le case nuove (come per le auto) ci sono i costi di produzione che, oltre una certa soglia, non sono comprimibili”. Meglio quindi orientarsi sull'usato? “Anche qui, dipende”, risponde cauto Breglia, “la componente principale del prezzo è la localizzazione, cioè il prezzo medio della zona. Questo fa sì che le quotazioni medie tengano molto perché, per zona urbana, ci sono poche offerte e molte richieste. E la pressione della domanda, anche se spesso non diventa compravendita, rimane alta”.

E in futuro?
Cosa accadrà nei prossimi mesi ai prezzi applicati? Gli esperti sembrano dare un po’ di speranza. “Se dovesse perdurare la crisi, potrebbe aumentare la necessità di vendita per le famiglie a maggior rischio”, interviene Giordano (Adiconsum) , “questo potrebbe prolungare la riduzione dei prezzi e una loro ulteriore diminuzione". “Si prevedono ulteriori diminuzioni”, svela, infatti, Dondi (Nomisma) che anticipa, “ci attendiamo una riduzione stimata intorno al -5% alla fine di quest’anno, a cui si aggiungerà un -4% nel 2014”. Ma è ancora presto per sperare in una ripartenza del mercato immobiliare. “Per il momento non ci sono le condizioni”, continua Dondi, “si stima che un leggero miglioramento si potrà iniziare a intravedere a partire dal secondo semestre 2013. Ma certamente non si ritornerà agli stessi livelli del triennio pre-crisi 2004-2007. Una stabilizzazione si potrà avere solo a partire dalla seconda metà del 2014. Ma molto dipenderà anche dalle banche. La crisi delle compravendite è necessariamente dovuta a una mancata concessione di credito”.

martedì 9 aprile 2013

Sartorel (Allianz) “Perché l’Italia è la vera Germania”

 La Repubblica: andiamo meglio della Germania.


Milano lo dice a mezza bocca. Ma lo dice. «Andiamo meglio anche della Germania». George Sartorel, da tre anni amministratore delegato di Allianz Italia, nell’ultimo triennio la bocca l’ha tenuta chiusa. Ha preferito lavorare, mettere in piedi una dozzina di cantieri e, con i fatti, lasciare che fosse la casa madre di Monaco a indicare l’Italia come primo della classe a tutte le 70 società controllate disseminate per il mondo. «Partivamo da una situazione positiva, abbiamo solo lavorato per
riuniti a Londra un paio di settimane fa. Mentre i premi Danni (4 miliardi) sono aumentati dell’1,4% (contro una media di mercato in calo dell'1,9%), il comparto Vita (6,4 miliardi) è sceso dell’8% in un mercato che arriva a perdere il 25% nella bancassicurazione. Numeri che indicano in se stessi come la crisi abbia investito pesantemente il settore assicurativo in Italia, dove solo alcuni operatori hanno retto l’onda e la gran parte marca i bilanci con tanti segni “meno”. Indizi di un possibile incombente consolidamento? «Penso che andremo a una ulteriore semplificazione nel numero dei player – risponde Sartorel – e noi saremo di sicuro protagonisti. Crediamo nell’Italia poiché è un paese di grandi opportunità, dove abbiamo iniziato un radicale processo di innovazione, dal quale ci attendiamo risultati economici davvero molto importanti. Riguardo alla questione dell’innovazione, penso in particolare al concetto di multi-accesso e all’architettura modulare dell’offerta al cliente». Materia nebulosa all’apparenza. Ma dietro all’annuncio di rivoluzioni sul versante di tecnologie, processi digitali, prodotti, strategie distributive c’è concreta operatività e un cambio radicale di organizzazione, di rapporto con il cliente, di contenuto del servizio. Esempio: a maggio sarà completata la fusione delle tre compagnie – i brand Ras, Lloyd Adriatico, Subalpina spariranno – da cui nasce Allianz Italia; la fusione innesca un cambio di modello e di forma mentale per l’intera rete distributiva. Ovvio che da principio i 2.200 agenti hanno guardato con sospetto, paura, contrarietà la ristrutturazione della rete con i rischi connessi. Ma a quanto pare e stando al report realizzato dalla compagnia a valle di un workshop formativo simultaneo in 37 diverse città nel marzo scorso, l’89% degli agenti sostiene il progetto. Nei fatti significa meno burocrazia, meno impiegati in attesa del cliente in ufficio e più consulenti sguinzagliati alla ricerca dei clienti. Consulenti armati di iPad, in grado di declinare ovunque e sempre al cliente il concetto di “modular offer”: la proposta parte dalle effettive disponibilità economiche ed esigenze del cliente. Qui viene in questione pure il tema della multi-canalità, ossia la possibilità di interagire con il cliente via web, social network, sms. Interessanti gli indizi emersi dal progetto Fastquote che, disponendo della targa della macchina e della data di nascita del proprietario, consente di ricevere in pochi secondi dal sito Allianz o sul cellulare una quotazione per la polizza dell’auto. Se il cliente è interessato, viene indirizzato all’agenzia più vicina. Se Allianz ha portato la propria quota di mercato al 12,1% nel comparto motori, crescendo dell’1% nel 2012 in presenza di un settore assai sotto stress (-2,2%), dipende da un mix di elementi. Un tassello importante porta il nome di Genialloyd, al terzo posto dopo Direct Line e Genertel nel segmento delle compagnie dirette, con una quota del 21,5% e la cui crescita per Sartorel appartiene al quadro che «fa dell’Italia uno dei paesi sui quali il gruppo maggiormente confida ». Ovvia e quasi obbligata la domanda sul futuro e sul dissestato quadro politico italiano: «Chiariamo intanto – risponde Sartorel – che eravamo e abbiamo deciso di continuare a essere il maggior investitore estero nel debito italiano, salendo dai 29,3 miliardi di euro di titoli di Stato in portafoglio nel 2011 ai 29,8 di oggi. Abbiamo fiducia nell’Italia e crediamo nel sistema- paese, pensiamo che saprà risolvere un passaggio istituzionale delicato e grazie a un governo stabile proseguire sulla strada delle riforme». Nei grafici a fianco, il contributo dell’utile operativo del ramo danni italiano è il più alto del gruppo in rapporto alla raccolta premi.
migliorare performance molto buone», si schermisce l’oriundo Sartorel. Ma i numeri del 2012 dicono che i cantieri stanno dando i loro frutti. Basti dire che Allianz Italia è il secondo maggior contributore in termini di utile operativo Danni per il gruppo: 899 milioni di euro, solo 7 milioni meno della Germania (906 milioni) che in termini di premi pesa due volte l’Italia, ma anche oltre il doppio di quanto maturato dalla Francia (413 milioni) su un volume di raccolta premi analogo al Belpaese. L’utile operativo riferito al complesso dell’attività - cumulando dunque Danni e Vita i cui premi consistono in 10,4 miliardi di euro - è arrivato a 1,136 miliardi, pari al 14,9% dell’intero gruppo assicurativo a livello globale. La media del combined ratio 2008-2012 s’è attestata al 94,5% contro la soglia del mercato pari al 101,4%, ma lo scorso anno è ulteriormente scesa all’85% con un andamento che ha particolarmente colpito gli investitori istituzionali

lunedì 25 marzo 2013

«Meglio comprare monete che lingotti»

Il Sole 24 Ore ragiona sulle monete e i lingotti d'oro:

«Francamente mi aspettavo che l'oro facesse un po' di più in questi ultimi giorni, specialmente dopo la crisi cipriota, invece è rimasto appena un po' sopra i 1.600 dollari per oncia. Probabilmente questo è dovuto al fatto che molti fondi investiti in oro hanno venduto, frenando il naturale aumento dei prezzi», dice Roberto Binetti, amministratore delegato di Confinvest, società che dal 1982 intermedia nel settore dell'oro fisico e delle monete auree. «Comunque – aggiunge – molte Case d'investimento americane, che di solito sono molto attendibili sull'andamento del metallo prezioso, prevedono che il prezzo possa arrivare a 2.000-2.500 dollari per oncia entro 12-18 mesi. E, anche da un punto di vista tecnico, se viene superata quota 1.700 l'oro è certamente destinato a spiccare il volo».
Ma un investitore quale quota del suo portafoglio globale dovrebbe destinare all'oro, se vuole difendersi dalle turbolenze valutarie e macroeconomiche? Un po' di anni fa si suggeriva una percentuale del 4-5%... Oggi si può tranquillamente arrivare al 15-20%, proprio in considerazione delle enormi incertezze economiche. Anzi, dirò di più: se l'acquisto è fatto per ragioni difensive (e non speculative) molto meglio comprare l'oro fisico – che fra l'altro oggi ha un prezzo molto interessante – piuttosto che quello cartaceo (Etf e fondi). Il primo lo metti via e si rivaluta nel tempo, difendendo il tuo capitale, l'altro è adatto soprattutto a chi un approccio speculativo.
Restiamo all'idea di difesa del capitale. Se ragioniamo sull'oro fisico, meglio comprare monete o lingotti? In questi ultimi anni il risparmiatore si è avvicinato molto di più alle monete auree (soprattutto la sterlina Elisabetta II), perchè acquistare lingotti significa pagare il prezzo massimo del giorno con l'aggiunta della manifattura. Inoltre i lingotti sono sconsigliati anche per le difficoltà oggettive in caso di vendita. Mentre la sterlina è la moneta aurea più conosciuta al mondo e più monetizzabile senza difficoltà. Comunque ottime scelte restano anche i marenghi italiani e i krugerrand sudafricani.

lunedì 4 marzo 2013

Fisco senza freni sul risparmio. Tutti i prelievi che verranno effettuati

Sul Sole 24 Ore alcuni dati sulla disoccupazione che sta colpendo il nostro Paese.

Con l'entrata in vigore, dal 1° marzo, della Tobin tax, che colpisce le transazioni finanziarie e l'acquisto di azioni, aumenta ancora il prelievo sul risparmio. La pressione fiscale varia in base agli strumenti finanziari e agli asset in gioco, ma può arrivare al 50% dei "profitti" per i piccoli importi investiti in titoli di Stato. Il prelievo, invece, si fa più leggero all'aumentare degli importi, fino a stabilizzarsi, per effetto del bollo applicato con un importo minimo fisso. Nel frattempo anche l'Unione europea sta mettendo a punto i piani sulla Tobin tax. Sul Sole 24 ORE di lunedì tutti i prelievi che verranno effettuati.

L'Identikit dei nuovi disoccupati: sempre più laureati e over 50
Espulsi dal mercato, i nuovi disoccupati vantano spesso anni di esperienza alle spalle e titoli di studio elevati. Nel 2012 si sono iscritte al "collocamento" 367mila persone, il 23% in più rispetto al 2011. Ex lavoratori alla ricerca di un nuovo posto, che sommati a chi si è messo a cercare il primo impiego superano quota 600mila. Se gli under 25 rappresentano il 17% del totale, e scontano di più il mancato rinnovo dei contratti a termine, gli over 45 sono oltre un quarto e hanno registrato un +43% dal 2011 al 2012, che sale a +60% per gli over 55. A soffrire la crisi sono poi i laureati, categoria che ha visto aumentare di più la nuova disoccupazione rispetto al 2011: +43%, contro il +18% dei diplomati.

Conti pubblici e crescita, l'agenda europea dell'italia
Il caso-Italia approda oggi all'Eurogruppo e sarà il giorno successivo sul tavolo dell'Ecofin. Poi, qualunque sia la formula politica prescelta, la nuova squadra di governo che guiderà il nostro Paese dovrà subito fare i conti con l'agenda europea: vincoli e tappe obbligate su conti pubblici e riforme per rilanciare la crescita. Dal Patto di stabilità passando per il semestre europeo, dal fiscal compact fino al Six Pack e al Two Pack, che entrerà in vigore a breve, sono cinque i pilastri della governance economica che tracciano la rotta. Il primo banco di prova sarà la definizione del Def (Documento di economia e finanza) e del Programma nazionale di riforma, che dovrà essere presentato a Bruxelles entro il 30 aprile. Quanto, infine, ai possibili spazi di manovra con la Ue, dopo le recenti aperture del commissario Olli Rehn, l'Italia ha due chance: rispettare l'obbligo del pareggio di bilancio e puntare su una riqualificazione della spesa pubblica.

giovedì 7 febbraio 2013

Le banche Ue vendono gli immobili a rischio per ridurre la leva

Il Sole 24 Ore e la sorte del mercato del Real Estate


Le banche europee corrono a vendere le loro proprietà immobiliari, o i mutui, con più problemi. Secondo Morgan Stanley, nel 2013 il valore di queste cessioni salirà a circa 25 miliardi. I motivi? Da un lato, la necessità di ridurre la leva; dall'altro, i timori della crescita delle sofferenze, a causa del cattivo andamento dell'economia Ue. In un simile contesto, i compratori non sono però più (esclusivamente) i private equity. Bensì, anche fondi sovrani od operatori più piccoli.

Il fenomeno
Gli istituti di credito del Vecchio continente, oltre agli scandali legati ai derivati o alla definizione del Libor, affrontano la congiuntura negativa e la necessità di ridurre la leva sul real estate commerciale. In particolare, su quest'ultimo fronte, Morgan Stanley stima il valore del deleveraging attorno a 600 miliardi. Un obietivo che, allo stato attuale, è stato raggiunto per circa il 20-25%. Insomma, la strada da fare è ancora parecchia.
Ecco allora che, dopo la sbornia immobiliare (soprattutto in Spagna) degli anni passati, il passo obbligato è quello di cedere, o svalutare, gli asset di real estate con dei problemi. Royal Bank Of Scotland, ad esempio, ha venduto un paio di immobili per circa 1 miliardo di dollari al Fondo governativo norvegese e ad AXA Real estate Investment managers. In Spagna, invece, il Banco Santander voleva vendere un portafoglio di real-estate a Morgan Stanley, per circa 3 miliardi di euro. Alla fine, però, gli immobili sono stati venduti a più piccoli singoli investitori propnti a pagare prezzi maggiori.

I nuovi compratori
E sì, perchè la nuova caratteristica di questo mercato è l'identikit dell'acquirente. Non si tratta più, infatti, del solito private equity. Bensì, di acquirenti come Fondi sovrani o società immobiliari più piccole. Questi hanno un orizzonte temporale nell'investimento più lungo dei private, e quindi sono disposti a comprare i beni problematici a prezzi maggiori. Cioè, hanno maggiore tempo a disposizione per rientrare nell'investimento.

A caccia di rendimento

Ma non è solo una questione di tempi. L'appeal degli asset di real estate problematicci è dato anche dai loro più alti rendimenti. Attualmente, la grande liquidità in giro, è in cerca di idee dove poter trovare uno yiled maggiore rispetto a quello dei «soliti» titoli di Stato dei Paesi Ue periferici. Così, guarda con interesse al commercio degli immobili proplematici delle banche.

giovedì 31 gennaio 2013

I fondi pensione battono il Tfr

Questo è quanto morningstar.it dice riguardo alle nostre pensioni future:

Nel 2012, i rendimenti medi sono superiori alla rivalutazione del Trattamento di fine rapporto. Dal lato adesioni, però, la recessione e la perdita del lavoro si fanno sentire.
Non succedeva dal 2009. Secondo i dati della Covip, Commissione di vigilanza dei fondi pensione, nel 2012 non c’è stata una categoria che ha segnato una performance media inferiore alla rivalutazione del Tfr, pari al 2,9%.
Nello specifico, i fondi pensione negoziali hanno registrato un rendimento medio dell’8,2%, i fondi aperti del 9% e i Pip (Piani individuali pensionistici) unit linked sono saliti in media dell’8,9%. Anche a livello di sottocategorie, si contano solo rendimenti superiori al Tfr, seppur molto diversi a seconda delle linee d’investimento. Si spazia così dal 3% della linea obbligazionaria pura dei fondi negoziali all’11,4% di quella azionaria pura, sempre dei negoziali.
In generale, si può affermare che i comparti azionari abbiano tutti segnato i migliori risultati, seguiti dai bilanciati e infine dai comparti a reddito fisso. Detto questo, è sempre bene ricordare che nell’investimento previdenziale non si può prescindere da un’ottica di lungo periodo.
Adesioni, caccia ai Pip
Il nodo dolente, tuttavia, rigurda il tasso di adesione ai fondi di previdenza complementare, storicamente molto basso in Italia. Secondo i dati Covip, il 2012 non fa eccezione. A fine anno, gli iscritti al secondo pilastro erano circa 5,8 milioni di persone, il 6% in più rispetto a fine 2011.
Questo (piuttosto deludente) risultato medio nasconde delle divergenze molto importanti tra i vari strumenti. I fondi negoziali, infatti, hanno perso nell’anno l’1,2% degli aderenti, mentre i fondi aperti hanno accresciuto i propri iscritti del 3,7%. Probabilmente (in particolar modo per quanto riguarda i fondi negoziali, stipulati con la propria azienda), la recessione e gli effetti della manovra di risanamento dei conti pubblici comportano una riduzione dell’occupazione e del risparmio, mettendo sotto pressione le iscrizioni alla previdenza complementare.
L’unico segmento del settore che registra forti tassi di crescita è quello dedicato ai Pip, strumenti che hanno infatti aumentato i propri iscritti nel corso del 2012 del 22,2%, arrivando a circa 2,3 milioni di aderenti. I Pip sono spesso più cari dei fondi pensione tradizionali, ma vengono venduti per lo più da società assicurative, le quali possono contare su una capillare rete di distribuzione. Una scelta irrazionale, ma che evidenzia come l’accesso privilegiato e il rapporto di fiducia col cliente, il quale è evidentemente ancora legato alla figura dell’assicuratore o del promotore di famiglia, resta fondamentale in Italia.

Parola d’ordine: informare
“Il sistema della previdenza complementare è da consolidare, irrobustire e rilanciare se si vuole assicurare un futuro pensionistico agli italiani, soprattutto ai più giovani”, ha affermato il presidente Covip, Antonio Finocchiaro, nel corso di un convegno organizzato con il Censis, la settimana scorsa a Roma. Soprattutto, secondo Finocchiaro, occorre colmare la voragine informativa sul secondo pilastro, dal momento che le adesioni restano deludenti e che la fiducia negli strumenti di previdenza complementare è piuttosto scarsa, come evidenzia un recente studio proprio della Fondazione Censis.

martedì 24 luglio 2012

Andrea Cingoli e le sfide di Banca Esperia

Andrea Cingoli, in tempo di crisi, è riuscito ad aumentare le masse amministrate da Banca Esperia, portandole a un incremento del 65% dal 2009 al 2012. Nel primo trimestre del 2012 hanno raggiunto quota 13,5 miliardi di euro, con una crescita del 6% da inizio anno mentre l'utile lordo è passato dai 2,5 milioni del 2010 ai 5 milioni dello scorso anno — con una quota netta a 1,6 milioni — e si proietta a fine 2012 verso quota 18 milioni.

Andrea Cingoli
Andrea Cingoli
Un obiettivo che, secondo Andrea Cingoli, "sebbene non possa essere dato per acquisito è stato già raggiunto per oltre due terzi nel primo trimestre dell'anno, a quota 14 milioni".
Ai risultati ha contribuito anche un'opera di razionalizzazione che si è sostanziata nella cessione di fondi hedge, di alcuni fondi di fondi, mentre è aperta la trattativa per la cessione di fondi immobiliari, "che richiedono una particolare specializzazione". Le sfide sono ambiziose.
"Vogliamo - conclude Andrea Cingoli - modificare la consueta asset allocation 80/20 (obbligazioni/azioni), in un posizionamento più maturo e in grado di sfruttare una maggiore apertura alle opportunità che si concretizzano nel mondo. Sul piano della pianificazione e della governance offrire una consulenza proattiva e divenire un interlocutore per la gestione degli asset illiquidi, anche nell'ambito dell'investimento indiretto per arrivare a realizzare dei veri e propri club deals, passando dalla formazione occasionale all'industrializ-zazione del servizio, creando dei frame work su cui inserirci. E in tutto questo spero di riuscire a sviluppare, nei nostri 80 private bankers un modello inter-culturale di formazione che possa realmente giovare alla nostra clientela".
Il punto di partenza sono i risultati del primo trimestre, soprattutto quel 54% nei ricavi, a 30 milioni di euro.

martedì 3 luglio 2012

Aldo Mazzocco: Beni Stabili conferma i dividendi

Aldo Mazzocco
Aldo Mazzocco, ad di Beni Stabili
"Anche in periodi di crisi come questo Beni Stabili pagherà regolarmente i dividendi perchè «la capacità industriale - spiega l'ad Aldo Mazzocco - dovrebbe consentirci di erogarli anche in mercati difficili». Nel primo investor day il manager ha presentato le attività industriali del suo gruppo immobiliare agli investitori. Nel frattempo proprio oggi nelle casse della società dovrebbero entrare mezzi freschi grazie anche all'ottenimento di un finanziamento ipotecario di 150 milioni, finalizzato al rimborso anticipato dell'indebitamento in scadenza nel 2013. Il nuovo contratto di finanziamento avrà durata quinquennale.Un'operazione che consentirà alla società di rifinanziare anche un terzo circa del debito in scadenza nel 2013. dando uno sguardo al business il manager ha confermato che, attraverso il fondo Cronob (gestito da Beni Stabili gestioni), è in trattative per rilevare la galleria San Federico a Torino, uno degli immobili storici del gruppo Fonsai. Le stime per quest'anno i conti dovrebbe essere in linea con i risultati dello scorso anno, mentre per il 2013 è atteso in progresso grazie alla piena esecuzione dei contratti di locazione per gli immobili Excelsior e Torri Garibaldi. Il 2012 dovrebbe quindi chiudersi con ricavi da affitti sostanzialmente in linea con i 220 milioni dello scorso anno, un Ebit analogo ai 151 milioni del 2011 e un utile netto prossimo ai 20 milioni, mentre la generazione di cassa dovrebbe migliorare leggermente rispetto agli 87 milioni dello scorso anno."
(da Massimo Caputi blog)

mercoledì 27 giugno 2012

Fabrizio Viola: Un piano impegnativo per MPS

Fabrizio Viola
Fabrizio Viola
Rimborso dei bond governativi entro il 2013, politica dei dividendi prudente, piano di razionalizzazione condotto con 'calma', forte riduzione dei costi del lavoro.

Sono questi alcuni degli elementi salienti emersi in seno alla presentazione del Piano Industriale 2012-2015 di MPS.
A illustrarli, l'Amministratore Delegato della banca senese, Fabrizio Viola.

Il manager ha tenuto a sottolineare che si tratta di un "piano impegnativo ma che vogliamo e dobbiamo raggiungere", aggiungendo che ci sarà un forte "commitment" da parte di tutti per raggiungere gli obiettivi indicati.

Secondo Viola, gli attuali problemi di MPS sono comuni a tutto il sistema bancario, anche se "più ampi".

Quanto al piano di dismissioni, andrà avanti successivamente "con un approccio diverso e con un'altra capacità contrattuale", senza avere la scadenza del 30 giugno.

MPS, ha poi detto, abbasserà il costo del lavoro da 2,195 a 1,896 miliardi e adotterà una "politica prudente" sui dividendi, dal momento che la priorità sarà quella del "rafforzamento patrimoniale". L'aumento di capitale da 1 miliardio sarà invece realizzato nella seconda parte del Piano entro il 2015.

Quanto ai bond governativi, il rimborso prenderà il via già a partire da fine 2013.

I nuovi Tremonti bond? "Non sappiamo i termini che il Governo ci proporrà", ha detto, aggiungendo che le tempistiche per conoscerli non saranno lunghissime.

(Teleborsa)