notizia da TMNews:
Gli analisti promuovono i conti del Gruppo Salini Impregilo del primo semestre, conti che hanno superato le stime di consensus.
Goldman Sachs conferma il giudizio Buy sul titolo con un target price a 4,57 euro, sottolineando il miglioramento del risultato operativo e il robusto flusso di nuovi ordini nel segmento costruzioni a 2,9 miliardi: "Questi elementi significano che il gruppo è in linea per raggiungere le previsioni per il 2014".
Anche Intermonte mette in risalto il portafoglio ordini di Salini Impregilo grazie al processo di crescita all' estero (il business in Italia conta circa per il 20% sul totale).
Per Intermonte (giudizio sul titolo Buy e target price a 4,8 euro) Salini Impregilo è prossima a centrare i target di lungo termine di ricavi a 7 miliardi e ebit al 7% dei ricavi.
Per gli analisti di Mediobanca il gruppo raggiungerà i target 2014 con ricavi a 4,3 miliardi e 224 milioni di utile operativo dopo la semestrale con risultati superiori alle stime. Giudizio analogo anche per Kepler Cheuvreux, "ricavi e ebit superiori alle stime".
Gli analisti di Natixis rilevano l'accelerazione dei ricavi di Salini Impregilo nel secondo trimestre e confermano il giudizio operativo Buy e un target price a 4,2 euro. Anche Banca Imi rileva che i risultati sono stati superiori alle stime e sono in linea con i target per l' intero esercizio.
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venerdì 8 agosto 2014
venerdì 21 dicembre 2012
Mediobanca R&S: il made in Italy cresce
Mediobanca R&S ha pubblicato mercoledì uno studio sulle società della moda.
"Con una crescita delle vendite nell’ordine del 10,1%, margini industriali in progressione del 21,9% e un risultato netto a +25,4%, la moda si è confermata anche nel 2011 un settore sano e mediamente più dinamico di altre attività del made in Italy. A dimostrarlo è l’annuario R&S di Mediobanca, l'istituto guidato da Alberto Nagel, che ha preso in considerazione dieci fra le maggiori realtà fashion con sede in Italia, esclusi Gucci e Bottega veneta, griffe facenti parte del gruppo francese Ppr. Come evidenziato dalla ricerca, la metà delle società comprese nel panel, ovvero Zegna, Ferragamo, Prada, Tod’s e Giorgio Armani, ha realizzato incrementi a doppia cifra sia dei margini sia del fatturato (vedere tabella). Più nello specifico, a vincere la palma d’oro per percentuale di aumento dei ricavi è stata la Salvatore Ferragamo (+26,6%) mentre per marginalità il podio spetta a Zegna con un +107,9%. Il gruppo Tod’s, invece, si aggiudica il merito di società con il payout più generoso (75%) rispetto a una media del 26%. Altro elemento chiave, a sottolineare la buona salute dei gruppo italiani del lusso, è l’avere una struttura finanziaria improntata a grande solidità con debiti pari a solo il 15,5% dei mezzi propri (rispetto al 115% della grande manifattura). Con una situazione di eccellenza per la Giorgio Armani, praticamente priva di debiti (0,3% dei mezzi propri). Driver di crescita per tutte le aziende si sono confermati i mercati lontani, con un fatturato europeo progredito del 4,5% a fronte di un fatturato del resto del mondo a +17,5%. Particolarmente attive extra Ue sono state Zegna che ha venduto in Europa solo il 25,9% e Ferragamo (24,3%). Mentre hanno conservato un focus ancora prevalentemente europeo Benetton (79%), Max Mara (72%) Miroglio e Tod’s (70,6%)."
(da MF Fashion)
"Con una crescita delle vendite nell’ordine del 10,1%, margini industriali in progressione del 21,9% e un risultato netto a +25,4%, la moda si è confermata anche nel 2011 un settore sano e mediamente più dinamico di altre attività del made in Italy. A dimostrarlo è l’annuario R&S di Mediobanca, l'istituto guidato da Alberto Nagel, che ha preso in considerazione dieci fra le maggiori realtà fashion con sede in Italia, esclusi Gucci e Bottega veneta, griffe facenti parte del gruppo francese Ppr. Come evidenziato dalla ricerca, la metà delle società comprese nel panel, ovvero Zegna, Ferragamo, Prada, Tod’s e Giorgio Armani, ha realizzato incrementi a doppia cifra sia dei margini sia del fatturato (vedere tabella). Più nello specifico, a vincere la palma d’oro per percentuale di aumento dei ricavi è stata la Salvatore Ferragamo (+26,6%) mentre per marginalità il podio spetta a Zegna con un +107,9%. Il gruppo Tod’s, invece, si aggiudica il merito di società con il payout più generoso (75%) rispetto a una media del 26%. Altro elemento chiave, a sottolineare la buona salute dei gruppo italiani del lusso, è l’avere una struttura finanziaria improntata a grande solidità con debiti pari a solo il 15,5% dei mezzi propri (rispetto al 115% della grande manifattura). Con una situazione di eccellenza per la Giorgio Armani, praticamente priva di debiti (0,3% dei mezzi propri). Driver di crescita per tutte le aziende si sono confermati i mercati lontani, con un fatturato europeo progredito del 4,5% a fronte di un fatturato del resto del mondo a +17,5%. Particolarmente attive extra Ue sono state Zegna che ha venduto in Europa solo il 25,9% e Ferragamo (24,3%). Mentre hanno conservato un focus ancora prevalentemente europeo Benetton (79%), Max Mara (72%) Miroglio e Tod’s (70,6%)."
(da MF Fashion)
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venerdì 14 dicembre 2012
Secondo Mediobanca, M&A tra popolari nel 2013
L'altra notte a Bruxelles i ministri finanziari della zona euro hanno raggiunto l'accordo per porre sotto la sorveglianza unica della Bce le principali banche europee. L'accordo diventerà operativo dal 1 marzo 2014.
L'obiettivo della riforma è il ritorno al sistema tradizionale con un unico cda.
Secondo gli analisti di Mediobanca, l'istituto guidato da Alberto Nagel, la nascita di un'unione bancaria europea, attesa nel 2013, potrebbe favorire una nuova ondata di fusioni e acquisizioni tra le banche popolari italiane. E il profilo delle banche popolari potrebbe essere incompatibile con le condizioni che l'Unione bancaria sta cercando di raggiungere.
Le banche popolari hanno una quota di mercato del 40% in Francia, del 20% in Germania, del 30% in Austria, del 40% nei Paesi Bassi e del 30% in Italia. Ciò dimostra che lo status di cooperativa non è un'anomalia italiana, piuttosto che l'Italia è l'unico Paese Ue che ha dato alle popolari l'accesso diretto al mercato azionario.
Per Mediobanca quindi l'M&A può cristallizzare valore prima di un potenziale cambiamento della governance delle popolari. Le esperienze passate di aggregazioni bancarie in Italia hanno avuto effetti negativi in termini di creazione di valore, ammette Piazzetta Cuccia, pensando a Unicredit-Capitalia, BP-Bpi e Mps-Antonveneta. Quindi si capisce l'avversione degli investitori verso l'M&A in Italia.
Ma nel caso delle banche popolari italiane può essere diverso. Il basso livello di redditività, i vincoli sui finanziamenti, i problemi di qualità del credito, la regolamentazione e, appunto, la nascita di una supervisione bancaria unica europea sotto il cappello della Bce sono tutti fattori che per gli analisti possono spingere verso operazioni di fusioni nel nostro Paese.
Guardando a fattori culturali, ai prodotti/rami che si sovrappongono, alla base costi, alla qualità del credito e al finanziamento, Mediobanca arriva alla conclusione che le combinazioni ottimali tra le popolari italiane sarebbero tra Ubi Banca e la Popolare Emilia Romagna e tra il Banco Popolare e la Popolare di Milano.
La prima unione dovrebbe generare 260 milioni di euro di sinergie di costo (il 7% dei costi dell’entità combinata, il 39% dei quali da organico). Il merger sarebbe accrescitivo sull’eps dal secondo anno del 17% con un Roi (ritorno sugli investimenti) dell’11%. Invece la seconda unione dovrebbe generare 335 milioni di sinergie di costo (9% dei costi, il 40% dei quali da organico), un +16% dell'eps dal secondo anno con un Roi del 15%.
Unire tutte e quattro le banche aggiungerebbe un ulteriore 23% di valore. Si otterrebbero benefici anche a livello di capitale: la fusione tra Ubi Banca e la Popolare Emilia Romagna assicurerebbe alla nuova banca un livello di Core Tier 1 del 10%, mentre nel caso di un merger Banco Popolare/Bpm al 9%.
La storia, ricordano gli analisti di Mediobanca, ha dimostrato che il processo di M&A tra le popolari è avvenuto attraverso operazioni amichevoli carta contro carta e dopo la moral suasion da parte di Banca d' Italia. Ma ora con il ritorno dell'incertezza politica in Italia, con le elezioni a febbraio e con probabili operazioni di pulizia di asset problematici, "inseriamo l'M&A delle popolari come un tema per il secondo semestre del 2013".
Naturalmente la condizione principale per dare il là a questo processo è una moral suasion da parte della Banca d'Italia. "Ci aspettiamo che la Banca d'Italia svolga un ruolo fondamentale nel guidare il processo di consolidamento con un approccio di moral suasion dall'alto non dissimile da quello che lo stesso regolatore sta cercando di raggiungere con la bad bank", concludono gli analisti di Mediobanca che hanno un rating outperform su Bper, Bpm e Ubi Banca, dopo aver rivisto i target price rispettivamente da 6,10 a 6,30 euro, da 0,55 a 0,50 euro e da 4 a 3,70 euro. Nel caso del Banca Popolare il rating è neutral (il target passa da 1,50 a 1,10 euro).
(da Milanofinanza)
Secondo gli analisti di Mediobanca, l'istituto guidato da Alberto Nagel, la nascita di un'unione bancaria europea, attesa nel 2013, potrebbe favorire una nuova ondata di fusioni e acquisizioni tra le banche popolari italiane. E il profilo delle banche popolari potrebbe essere incompatibile con le condizioni che l'Unione bancaria sta cercando di raggiungere.
Le banche popolari hanno una quota di mercato del 40% in Francia, del 20% in Germania, del 30% in Austria, del 40% nei Paesi Bassi e del 30% in Italia. Ciò dimostra che lo status di cooperativa non è un'anomalia italiana, piuttosto che l'Italia è l'unico Paese Ue che ha dato alle popolari l'accesso diretto al mercato azionario.
Per Mediobanca quindi l'M&A può cristallizzare valore prima di un potenziale cambiamento della governance delle popolari. Le esperienze passate di aggregazioni bancarie in Italia hanno avuto effetti negativi in termini di creazione di valore, ammette Piazzetta Cuccia, pensando a Unicredit-Capitalia, BP-Bpi e Mps-Antonveneta. Quindi si capisce l'avversione degli investitori verso l'M&A in Italia.
Ma nel caso delle banche popolari italiane può essere diverso. Il basso livello di redditività, i vincoli sui finanziamenti, i problemi di qualità del credito, la regolamentazione e, appunto, la nascita di una supervisione bancaria unica europea sotto il cappello della Bce sono tutti fattori che per gli analisti possono spingere verso operazioni di fusioni nel nostro Paese.
Guardando a fattori culturali, ai prodotti/rami che si sovrappongono, alla base costi, alla qualità del credito e al finanziamento, Mediobanca arriva alla conclusione che le combinazioni ottimali tra le popolari italiane sarebbero tra Ubi Banca e la Popolare Emilia Romagna e tra il Banco Popolare e la Popolare di Milano.
La prima unione dovrebbe generare 260 milioni di euro di sinergie di costo (il 7% dei costi dell’entità combinata, il 39% dei quali da organico). Il merger sarebbe accrescitivo sull’eps dal secondo anno del 17% con un Roi (ritorno sugli investimenti) dell’11%. Invece la seconda unione dovrebbe generare 335 milioni di sinergie di costo (9% dei costi, il 40% dei quali da organico), un +16% dell'eps dal secondo anno con un Roi del 15%.
Unire tutte e quattro le banche aggiungerebbe un ulteriore 23% di valore. Si otterrebbero benefici anche a livello di capitale: la fusione tra Ubi Banca e la Popolare Emilia Romagna assicurerebbe alla nuova banca un livello di Core Tier 1 del 10%, mentre nel caso di un merger Banco Popolare/Bpm al 9%.
La storia, ricordano gli analisti di Mediobanca, ha dimostrato che il processo di M&A tra le popolari è avvenuto attraverso operazioni amichevoli carta contro carta e dopo la moral suasion da parte di Banca d' Italia. Ma ora con il ritorno dell'incertezza politica in Italia, con le elezioni a febbraio e con probabili operazioni di pulizia di asset problematici, "inseriamo l'M&A delle popolari come un tema per il secondo semestre del 2013".
Naturalmente la condizione principale per dare il là a questo processo è una moral suasion da parte della Banca d'Italia. "Ci aspettiamo che la Banca d'Italia svolga un ruolo fondamentale nel guidare il processo di consolidamento con un approccio di moral suasion dall'alto non dissimile da quello che lo stesso regolatore sta cercando di raggiungere con la bad bank", concludono gli analisti di Mediobanca che hanno un rating outperform su Bper, Bpm e Ubi Banca, dopo aver rivisto i target price rispettivamente da 6,10 a 6,30 euro, da 0,55 a 0,50 euro e da 4 a 3,70 euro. Nel caso del Banca Popolare il rating è neutral (il target passa da 1,50 a 1,10 euro).
(da Milanofinanza)
mercoledì 28 novembre 2012
Christopher Wheeler di Mediobanca: Fed e banche europee
Christopher Wheeler, analista di Mediobanca, discute delle banche europee che sarebbero più colpite se la Federal Reserve (Fed), la Banca centrale americana, istituisse requisiti patrimoniali più stringenti per le banche non statunitensi.
La Fed aveva rinviato l'applicazione delle regole di Basilea 3, in programma dal primo gennaio, che prevedono appunto requisiti patrimoniali più severi per le banche.
La Fed aveva rinviato l'applicazione delle regole di Basilea 3, in programma dal primo gennaio, che prevedono appunto requisiti patrimoniali più severi per le banche.
mercoledì 21 novembre 2012
Alberto Nagel dà il via al piano strategico Mediobanca
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Alberto Nagel, ad Mediobanca |
Ecco l'articolo di :
L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel ha tenuta una relazione introduttiva concentrata sul core business di Mediobanca, ovvero l'attività di banca d'affari.
L'incontro è stato definito dai partecipanti positivo e proficuo per porre le basi del piano strategico appunto sulla parte banking, tenendo conto del difficile contesto economico e finanziario .
"Per business review non si intende il cambio del modello Mediobanca, che nella parte «core» comprende in sostanza advisory e finanziamenti, bensì un suo rafforzamento tenendo conto, oltre che dello scenario «macro» e finanziario, anche quello in evoluzione della regolamentazione. In estrema sintesi il modello attuale dell'istituto è considerato pienamente funzionante ma sarà necessario fare una ricognizione sulle fonti di reddito per spingere verso una stabilizzazione dei ricavi e una maggiore redditività, anche grazie a un'attenzione crescente a costi e rischi.
In questo contesto per quanto riguarda la rete estera, che in pochi anni è arrivata a produrre circa un quarto dei ricavi della divisione «corporate investment banking» dell'istituto, la direzione appare anzitutto quella di un rafforzamento delle sedi già esistenti. Per il momento non si è parlato di un'estensione del network attuale (Parigi, Londra, Madrid e Francoforte, più la Turchia, in attesa dell'ok Bankitalia) creato con una logica di start up, cioè con nuove aperture e non per acquisizioni.
(Assinews)
venerdì 26 ottobre 2012
Mediobanca pubblica l'edizione 2012 delle "Principali Societa' Italiane"
Mediobanca, l'istituto guidato da Alberto Nagel,
ha pubblicato la graduatoria 2012 delle principali società italiane
operanti nei settori industria, commercio, finanza, leasing, factoring,
banche, assicurazioni, per un totale di 1009 gruppi e 2550 imprese.
L'indagine è disponibile gratuitamente per il donwload a questo link >>
Eni resta il primo gruppo industriale italiano dall'alto dei suoi 109,6 miliardi di fatturato, ma la seconda piazza quest'anno e' appannaggio di Exor (84,4 miliardi) che grazie al consolidamento di Chrysler sorpassa Enel (77,5 miliardi) e si piazza anche al primo posto per numero totale di dipendenti. Nell'edizione 2012 delle "Principali Societa' Italiane" dell'ufficio studi di Mediobanca a dominare il Top 20 sono ancora una volta le societa' energetiche (otto), mentre solo cinque appartengono al manifatturiero e sette ai servizi e sono inoltre otto i big di proprieta' pubblica. A fare da denominatore comune alla tre prime della classe e' la spinta proveniente dal fatturato estero. La performance di Eni miscela l'aumento di quasi il 50% delle vendite internazionali con il -29% italiano, Exor il +58% estero con il -9,5% nazionale e Enel il +13,9% estero con il -0,3% domestico. Ai piedi del podio si trova Gse (attivita' di compravendita dell'energia) che con i suoi 30 miliardi di fatturato scalza Telecom Italia, quinta nonostante il consolidamento delle attivita' argentine. Finmeccanica mantiene il sesto posto con 17,3 miliardi (-7,4%), davanti a Essa Italiana che guadagna una posizione ed e' settima Scende all'ottavo posto Edizione (12,2 miliardi), la holding dei Benetton, nonostante un aumento del fatturato del 5,5% a 12,2 miliardi, che deriva tra l'altro piu' dai ricavi domestici (+7,3%) che da quelli esteri (+3,6%). Edison e' stabile alla nona posizione, Saras passa alla decima dalla undicesima piazza che quest'anno va alla Riva Fire ( controllante dell'Ilva) grazie a un balzo del fatturato di quasi il 29% che la porta oltre la soglia dei 10 miliardi Le Poste Italiane, stazionarie poco sopra i 10 miliardi, cedono due posizioni andando al 12esimo posto.
(da radiocor "Mediobanca: energia leader per fatturato, Exor con Chrysler supera Enel")
L'indagine è disponibile gratuitamente per il donwload a questo link >>
Eni resta il primo gruppo industriale italiano dall'alto dei suoi 109,6 miliardi di fatturato, ma la seconda piazza quest'anno e' appannaggio di Exor (84,4 miliardi) che grazie al consolidamento di Chrysler sorpassa Enel (77,5 miliardi) e si piazza anche al primo posto per numero totale di dipendenti. Nell'edizione 2012 delle "Principali Societa' Italiane" dell'ufficio studi di Mediobanca a dominare il Top 20 sono ancora una volta le societa' energetiche (otto), mentre solo cinque appartengono al manifatturiero e sette ai servizi e sono inoltre otto i big di proprieta' pubblica. A fare da denominatore comune alla tre prime della classe e' la spinta proveniente dal fatturato estero. La performance di Eni miscela l'aumento di quasi il 50% delle vendite internazionali con il -29% italiano, Exor il +58% estero con il -9,5% nazionale e Enel il +13,9% estero con il -0,3% domestico. Ai piedi del podio si trova Gse (attivita' di compravendita dell'energia) che con i suoi 30 miliardi di fatturato scalza Telecom Italia, quinta nonostante il consolidamento delle attivita' argentine. Finmeccanica mantiene il sesto posto con 17,3 miliardi (-7,4%), davanti a Essa Italiana che guadagna una posizione ed e' settima Scende all'ottavo posto Edizione (12,2 miliardi), la holding dei Benetton, nonostante un aumento del fatturato del 5,5% a 12,2 miliardi, che deriva tra l'altro piu' dai ricavi domestici (+7,3%) che da quelli esteri (+3,6%). Edison e' stabile alla nona posizione, Saras passa alla decima dalla undicesima piazza che quest'anno va alla Riva Fire ( controllante dell'Ilva) grazie a un balzo del fatturato di quasi il 29% che la porta oltre la soglia dei 10 miliardi Le Poste Italiane, stazionarie poco sopra i 10 miliardi, cedono due posizioni andando al 12esimo posto.
(da radiocor "Mediobanca: energia leader per fatturato, Exor con Chrysler supera Enel")
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venerdì 19 ottobre 2012
Banca Esperia: l'istituto di Andrea Cingoli rileva 2 fiduciarie
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Andrea Cingoli |
Per Banca Esperia, la Private Bank fondata nel 2001 grazie a una joint venture tra Mediobanca e Mediolanum, questa operazione si inserisce nell’ambito della strategia di sviluppo basata sulla costante evoluzione dei servizi di Wealth Planning, finalizzati all’ottimizzazione delle soluzioni per l’organizzazione, la pianificazione e la protezione del patrimonio, che vedono nei servizi fiduciari un elemento chiave.
Grazie a queste acquisizioni Banca Esperia consolida ulteriormente la propria presenza in territori chiave e prosegue nella crescita che ha portato al raggiungimento di € 13,6 mld di Asset under Management a fine settembre 2012.
martedì 16 ottobre 2012
Pai Partners rileva Marcolin, assistita da Mediobanca, Banca Imi e Unicredit
Pai Partners annuncia di aver rilevato Marcolin, assistita nell'operazione da Mediobanca, Banca Imi e Unicredit, in qualita' di consulenti finanziari e dallo studio Pedersoli e Associati per gli aspetti legali. Dal lato dei venditori hanno agito lo studio legale Bonelli Erede Pappalardo, lo studio Macellari e lo studio Zulli Tabanelli e Associati. Banca Imi, Unicredit, Natixis e IKB partecipano nell'ambito del finanziamento dell'operazione
Linklaters ha assistito le banche finanziatrici, mentre Allen and Overy ha assistito Pai Partners. New Deal Advisors ha curato la due diligence contabile e fiscale. Marcolin e' una societa' attiva nel settore dell'occhialeria, tra i leader mondiali nella produzione di occhiali da sole e da vista, realizzati per marchi quali Tom Ford, Roberto Cavalli e Just Cavalli, Diesel, Montblanc, Tod's e Hogan, Balenciaga, Swarovski, Timberland, DSquared2 e Kenneth Cole
Fondata nel 1961 da Giovanni Marcolin, ha sede a Longarone (Belluno), ha uffici in Europa, Stati Uniti, Hong Kong, Giappone e Brasile. Nel 2011, ha registrato un fatturato di 224,1 milioni di euro (+9%) e un Ebitda di 34,2 milioni (+14%).
Qui il comunicato stampa di Marcolin >>
Linklaters ha assistito le banche finanziatrici, mentre Allen and Overy ha assistito Pai Partners. New Deal Advisors ha curato la due diligence contabile e fiscale. Marcolin e' una societa' attiva nel settore dell'occhialeria, tra i leader mondiali nella produzione di occhiali da sole e da vista, realizzati per marchi quali Tom Ford, Roberto Cavalli e Just Cavalli, Diesel, Montblanc, Tod's e Hogan, Balenciaga, Swarovski, Timberland, DSquared2 e Kenneth Cole
Fondata nel 1961 da Giovanni Marcolin, ha sede a Longarone (Belluno), ha uffici in Europa, Stati Uniti, Hong Kong, Giappone e Brasile. Nel 2011, ha registrato un fatturato di 224,1 milioni di euro (+9%) e un Ebitda di 34,2 milioni (+14%).
Qui il comunicato stampa di Marcolin >>
giovedì 30 agosto 2012
Andrea Cingoli. i plus di Banca Esperia per i clienti Private
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Andrea Cingoli |
"Banca Esperia - spiega Andrea Cingoli - è una banca fortemente specializzata: ci occupiamo di fornire soluzioni avanzate di Private Banking per clientela Private e Istituzionale. Siamo riusciti a ottenere la combinazione ottimale tra specializzazione e flessibilità grazie alle nostre dimensioni tipiche di una boutique dedicata. Possiamo inoltre vantare un’importante solidità patrimoniale, grazie al fatto che il livello di rischio tipico della nostra attività si mantiene su livelli inferiori rispetto ad altri settori del banking e grazie alla minore rischiosità a cui siamo soggetti data la nostra specializzazione. I nostri due azionisti, Mediobanca e Mediolanum, sono leader nel mercato finanziario italiano e ci assicurano ulteriore solidità patrimoniale e supporto specialistico. Il nostro Core Tier I è pari a 17.78%, uno tra i più elevati nell’industria del Private Banking."
"Come già ricordato - dice ancora Andrea Cingoli - la struttura di Banca Esperia ha come missione l’offerta di soluzioni in tre ambiti: servizi di investimento finanziario sia discrezionali che consulenziali, Wealth Planning e attività di consulenza per l’ottimizzazione degli asset illiquidi. Questo ci permette di avere un modello di business in grado di intercettare al 100% i bisogni del Cliente e della famiglia con particolare riguardo agli imprenditori, segmento particolarmente rilevante nell’industria del private banking. Oltre all’offerta di consulenza offriamo tutti i servizi necessari all’implementazione delle strategie individuate, mediante la piattaforma completa formata da Banca Esperia, dalle due società di asset management e dalla partnership con Mediobanca per le soluzioni dedicate agli asset illiquidi. I nostri Clienti possono in questo modo beneficiare della consulenza sugli investimenti, con un costante monitoraggio del rischio, e di diverse soluzioni di investimento come il Mandato Multilinea, che permette di allocare il proprio patrimonio su più Linee di Gestione all’interno di un unico contratto; oltre a finanziamenti e mutui ipotecari per soddisfare le esigenze di finanziamento legate all’acquisto o ristrutturazione di immobili."
"L’indipendenza che ci caratterizza - conclude Andrea Cingoli - ci consente di lavorare in un’ottica di architettura aperta, al fine di ricercare soluzioni “best in class” sul mercato nazionale e globale."
lunedì 13 agosto 2012
Andrea Cingoli: Banca Esperia supporta gli investitori privati
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Andrea Cingoli |
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martedì 7 agosto 2012
Andrea Cingoli: forte presenza territoriale per Banca Esperia
Andrea Cingoli, l'a.d. di Banca Esperia, in una recente intervista a FinanzaeDiritto.it, parla delle strategie di presenza sul territorio, anche in riferimento all'apertura della nuova sede di Cesena della Private Bank fondata nel 2001 grazie a una joint venture tra Mediobanca e Mediolanum.
"La nostra strategia prevede una forte presenza territoriale per essere
vicino ai nostri clienti e comprendere le loro esigenze e
caratteristiche, che variano sul territorio. In quest’ottica si
contestualizza il network di 12 filiali presenti nelle principali città e
nei distretti industriali. In futuro abbiamo intenzione di proseguire
con la strategia di crescita, che perseguiamo principalmente per linee
interne."
"A tal fine stiamo - continua Andrea Cingoli - proseguendo nell’azione di potenziamento della nostra struttura commerciali, attualmente composta da 80 banker, orientando la ricerca verso professionalità provenienti dal settore del private banking, da industrie “limitrofe” quali consulenza aziendale, pianificazione familiare e pensiamo di avviare un programma per l’inserimento di giovani con elevato potenziale."
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Andrea Cingoli |
"A tal fine stiamo - continua Andrea Cingoli - proseguendo nell’azione di potenziamento della nostra struttura commerciali, attualmente composta da 80 banker, orientando la ricerca verso professionalità provenienti dal settore del private banking, da industrie “limitrofe” quali consulenza aziendale, pianificazione familiare e pensiamo di avviare un programma per l’inserimento di giovani con elevato potenziale."
mercoledì 1 agosto 2012
Mediobanca pubblica l'annuario dei gruppi italiani quotati in Borsa
Mediobanca Ricerche e Studi ha completato la 36ma edizione dell'annuario dei 50 principali gruppi italiani quotati in Borsa.
L'Annuario "R&S" prende il nome dalla sigla della società e rappresenta un'opera avviata nel 1976 che raccoglie informazioni economiche e finanziarie utili per una conoscenza non superficiale dei principali Gruppi italiani. Dall'edizione 2002 sono inclusi solo i grandi gruppi quotati. Gli altri gruppi quotati e i gruppi non quotati sono invece pubblicati separatamente.
Sul sito sono messi a disposizione aggiornamenti delle schede pubblicate nell’edizione cartacea, unitamente ai risultati infrannuali
L'Annuario "R&S" prende il nome dalla sigla della società e rappresenta un'opera avviata nel 1976 che raccoglie informazioni economiche e finanziarie utili per una conoscenza non superficiale dei principali Gruppi italiani. Dall'edizione 2002 sono inclusi solo i grandi gruppi quotati. Gli altri gruppi quotati e i gruppi non quotati sono invece pubblicati separatamente.
Sul sito sono messi a disposizione aggiornamenti delle schede pubblicate nell’edizione cartacea, unitamente ai risultati infrannuali
martedì 31 luglio 2012
Andrea Cingoli: disponibilità di credito sempre più limitata
Andrea Cingoli, amministratore delegato di Banca Esperia, ha dichiarato in un'intervista rilasciata a Finanza e Diritto
"Negli ultimi anni si registrano crescenti limitazioni per quanto
riguarda la disponibilità di credito da parte del sistema bancario a
beneficio delle piccole e medie imprese sul territorio, dovute alle
nuove sfide che le banche stesse stanno affrontando. La modifica della
normativa relativa al rischio di liquidità ha sicuramente inciso sul
rapporto tra raccolta e impieghi; l’introduzione prospettica di più
stringenti ratio patrimoniali e l’aumento delle sofferenze creditizie
hanno ridotto la disponibilità ad erogare da parte delle banche. Per le
piccole e medie imprese si presenta quindi la necessità di porre
maggiore attenzione verso il mercato dei capitali".
"Alla luce di questo - ha proseguito Andrea Cingoli - il settore del private banking assume un ruolo fondamentale per supportare le PMI nella ricerca dei capitali di rischio, infatti il nostro Paese è caratterizzato da una forte capacità di risparmio e da una ricchezza significativa (900 miliardi di euro di ricchezza finanziaria per il settore del Private Banking) e, allo stesso tempo, i risparmiatori hanno iniziato a manifestare in maniera marcata una crescente disaffezione nei confronti degli investimenti finanziari e l’esigenza di ampliamento dell’offerta a investimenti di carattere reale, quali aziende e immobili".
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Andrea Cingoli |
"Alla luce di questo - ha proseguito Andrea Cingoli - il settore del private banking assume un ruolo fondamentale per supportare le PMI nella ricerca dei capitali di rischio, infatti il nostro Paese è caratterizzato da una forte capacità di risparmio e da una ricchezza significativa (900 miliardi di euro di ricchezza finanziaria per il settore del Private Banking) e, allo stesso tempo, i risparmiatori hanno iniziato a manifestare in maniera marcata una crescente disaffezione nei confronti degli investimenti finanziari e l’esigenza di ampliamento dell’offerta a investimenti di carattere reale, quali aziende e immobili".
giovedì 26 luglio 2012
Mediobanca: su Basilea 3 arbitraggi regolamentari
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Antonio Guglielmi |
"Paesi che possono beneficiare di costi di finanziamento più vantaggiosi, hanno in questo momento sistemi bancari che possono permettersi tempi e condizioni di rispetto di Basilea Tre più larghi - spiega Guglielmi - Al momento, quindi, gli arbitraggi regolamentari sono a favore degli istituti del Nord Europa".
Una delle divergenze è, ad esempio, nel calcolo dell'attivo ponderato per rischio. Alcuni Paesi sono più generosi di altri, ma a questo sta già lavorando l'Autorità bancaria europea (Eba), che sta valutando diverse soluzioni fra le quali quella di imporre un floor nella migrazione all'Irb.
"Se si vuole che il mercato creda all'unione bancaria europea - spiega ancora Guglielmi - è necessario che alcuni Paesi, come la Germania, obblighino i propri istituti di credito agli aumenti di capitale necessari, come hanno già fatto gli istituti italiani. Altrimenti non è credibile che si sta andando verso un'unità". Resta il fatto che, nonostante gli aumenti di capitale cui sono ricorse le banche italiane nell'ultimo anno, l'effetto positivo delle ricapitalizzazioni sia stato più che controbilanciato dall'effetto negativo dello spread.
"Le banche italiane - sottolinea Guglielmi - hanno un enorme problema di debito pubblico. Al netto del quale, però, tutti i confronti ci dicono che hanno poco da temere in uno scenario di convergenza europea".
A partire dalla questione liquidità: perché se è vero che l'approvvigionamento per gli istituti di credito italiani è più costoso, è altrettanto vero che le banche italiane risultano già in linea con i nuovi criteri di liquidità di Basilea 3 grazie alla loro ricchezza di depositi e bassa leva dell'attivo, spiega Antonio Guglielmi che dopo aver esposto le sue tesi ad una platea di esperti, ieri sera nell'ambito di Finanza in Piazza, a Polignano a Mare (BA), ha reso comprensibile il tema anche a una platea di turisti meno esperti. Dall'analisi Mediobanca emerge, quindi, come il sistema bancario italiano non veda riflessi i propri fondamentali nelle valutazioni di mercato a causa della penalizzazione del fattore sistema Paese che ha vanificato anche gli sforzi di ricapitalizzazione degli istituti.
(da Il Sole 24 Ore)
lunedì 18 giugno 2012
Renato Pagliaro
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Renato Pagliaro |
Renato Pagliaro ha ricoperto anche diverse cariche sociali come quelle di Consigliare di Amministrazione di Telecom Italia S.p.A. e Pirelli & C. e di Sindaco effettivo dell’Istituto Europeo di Oncologia.
lunedì 11 giugno 2012
Andrea Cingoli: il cambiamento di Banca Esperia
Andrea Cingoli racconta in un'intervista a Corriere Economia i cambiamenti in corso in Banca Esperia.
La joint-venture paritetica tra Mediobanca e Mediolanum infatti non si presenta più solo come banca-boutique a disposizione di clienti facoltosi, ma come partner in grado di affiancare l'imprenditore in ogni passaggio delicato della propria attività: dall'investimento finanziario alla gestione degli asset illiquidi (aziende e proprietà immobiliari), fino all'organizzazione famigliare.
"E' la nostra sfida - spiega Andrea Cingoli
- per riuscire a garantire un apporto di conoscenze ed esperienze ai
nostri clienti. E per questo che oggi puntiamo a incrementare in maniera
importante l'investimento strutturato sia nella formazione della nostra
rete che nella industrializzazione dei processi".
Uomini e struttura, insomma, per affiancare l'imprenditore dopo un anno che ha visto, nel complesso, registrarsi un consumo di ricchezza anziché un incremento della stessa.
"In questo periodo di crisi - continua Andrea Cingoli - è cambiato profondamente il panorama di riferimento, così Banca Esperia è passata da una antica specializzazione negli hedge fund a un modello di business nuovo, più capace di sfruttare le sinergie con Mediobanca, uno dei nostri grandi azionisti. Abbiamo mantenuto la profittabilità, nonostante un forte turn around e ora ci troviamo in una posizione di vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. In più abbiamo raggiunto il set-up organizzativo in maniera pressoché definitiva e ora la sfida è nel potenziamento".
La joint-venture paritetica tra Mediobanca e Mediolanum infatti non si presenta più solo come banca-boutique a disposizione di clienti facoltosi, ma come partner in grado di affiancare l'imprenditore in ogni passaggio delicato della propria attività: dall'investimento finanziario alla gestione degli asset illiquidi (aziende e proprietà immobiliari), fino all'organizzazione famigliare.
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Andrea Cingoli |
Uomini e struttura, insomma, per affiancare l'imprenditore dopo un anno che ha visto, nel complesso, registrarsi un consumo di ricchezza anziché un incremento della stessa.
"In questo periodo di crisi - continua Andrea Cingoli - è cambiato profondamente il panorama di riferimento, così Banca Esperia è passata da una antica specializzazione negli hedge fund a un modello di business nuovo, più capace di sfruttare le sinergie con Mediobanca, uno dei nostri grandi azionisti. Abbiamo mantenuto la profittabilità, nonostante un forte turn around e ora ci troviamo in una posizione di vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. In più abbiamo raggiunto il set-up organizzativo in maniera pressoché definitiva e ora la sfida è nel potenziamento".
venerdì 1 giugno 2012
Mediobanca dà fairness opinion favorevole a Parmalat per l’acquisto di Lactalis USA
Mediobanca, l'istituto guidato da Alberto Nagel, advisor del comitato per il controllo interno di Parmalat, dà un'opinione favorevole su valutazione e sinergie dell'operazione con la quale il gruppo di Collecchio acquisterà Lactalis American Group.
Scriveva ieri Finanza &Mercati: "Lactalis Usa è stata valutata dall'advisor del comitato per il controllo interno, Mediobanca, fra i 787 milioni e i 1.002 milioni di dollari. È quanto riporta il parere del comitato per il controllo interno e la corporate governance di Collecchio che ha espresso parere favorevole - come Mediobanca - all'operazione annunciata il 22 maggio con cui Parmalat ha acquistato Lactalis Usa detenuta dal suo azionista di riferimento, Lactalis. Mediobanca ha indicato due diverse forchette di prezzo: la prima è la «base case», vale a dire il business plan validato dal management di Parmalat, e indica un prezzo fra gli 842 e i 1.002 milioni di euro; poi, c'è un «conservative case» più prudente che indica un intervallo fra i 787 e i 930 milioni. Con l'operazione le disponibilità finanziarie nette di Collecchio si riducono da 1,52 miliardi a 796,6 milioni dimezzando il «tesoretto» di Enrico Bondi"
Scriveva ieri Finanza &Mercati: "Lactalis Usa è stata valutata dall'advisor del comitato per il controllo interno, Mediobanca, fra i 787 milioni e i 1.002 milioni di dollari. È quanto riporta il parere del comitato per il controllo interno e la corporate governance di Collecchio che ha espresso parere favorevole - come Mediobanca - all'operazione annunciata il 22 maggio con cui Parmalat ha acquistato Lactalis Usa detenuta dal suo azionista di riferimento, Lactalis. Mediobanca ha indicato due diverse forchette di prezzo: la prima è la «base case», vale a dire il business plan validato dal management di Parmalat, e indica un prezzo fra gli 842 e i 1.002 milioni di euro; poi, c'è un «conservative case» più prudente che indica un intervallo fra i 787 e i 930 milioni. Con l'operazione le disponibilità finanziarie nette di Collecchio si riducono da 1,52 miliardi a 796,6 milioni dimezzando il «tesoretto» di Enrico Bondi"
lunedì 28 maggio 2012
Mediobanca: rapporto sulle Fondazioni
Mediobanca Securities ha pubblicato il rapporto "Italian Banking Foundations", che il Corriere oggi riassume in un articolo dal titolo "Fondazioni, 50 miliardi di patrimonio. E una missione da ripensare".
Ecco il testo dell'articolo, firmato da Massimo Mucchetti:
Le fondazioni bancarie, architrave dell'industria creditizia italiana, sono prossime a una svolta. È in gioco il destino di un patrimonio più o meno di 50 miliardi. Nel congresso dell'Acri, che si apre il 7 giugno a Palermo con la relazione di Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo e dell'associazione di categoria, verrà presentata la Carta delle fondazioni, un ambizioso progetto di autoriforma. Ma su quest'assise cruciale peserà come un macigno il rapporto di Mediobanca Securities, fresco di stampa, sui conti delle sei fondazioni principali: Cariplo, Sanpaolo Torino, Caritorino, Caripadova, Cariverona, Monte dei Paschi. La tesi di fondo della ricerca, 151 pagine, è che la Grande Crisi ha reso soffocante il cordone ombelicale che lega le fondazioni alle casse di risparmio e agli istituti di diritto pubblico d'origine. Il modello dei primi vent'anni si sarebbe consumato.
Gli autori, Angelo Guglielmi e Andrea Filtri, non si negano la simulazione provocatoria: se i dividendi provenienti dalle banche d'origine e le erogazioni istituzionali al territorio rimarranno stabili sui livelli del 2010, la Fondazione Cariverona esaurirà il patrimonio nel 2038, la Fondazione Mps nel 2041, la Cariplo nel 2054, la Compagnia di Sanpaolo nel 2067, la Caritorino nel 2088 e la Cariparo nel 2100. Se le sei si aggregassero da qui al 2030 perderebbero un terzo del loro valore patrimoniale e andrebbero a zero nel 2061. Ma la media delle previsioni degli analisti è un pò più ottimista e così, nel 2030, una certa crescita dei dividendi consentirebbe la conservazione dello status quo.
In realtà, se è vero che molte fondazioni stanno erogando ai territori più di quanto abbiano reso i loro investimenti, è altrettanto vero che in questi anni di vacche magre stanno pescando nella riserva obbligatoria accumulata proprio a questo scopo negli anni delle vacche grasse. Il rischio vero, dunque, non è tanto quello di dilapidare l'intero patrimonio quanto la riduzione, anche drastica, delle erogazioni per ricostruire l'equilibrio tra entrate e uscite richiesto dalla legge. Ma se le fondazioni non riuscissero più a essere generose che senso avrebbero?
La ricerca propone una fotografia controcorrente dei bilanci delle fondazioni, lontani dalla realtà e poco confrontabili tra loro, perché in genere le fondazioni non attualizzano gli attivi ai valori di mercato. Mediobanca li ha riclassificati per renderli omogenei. Nel periodo 2002-2010, il più lungo possibile a dati uniformi, risulta che tre fondazioni (Caritorino, Cariplo e Monte dei Paschi) hanno avuto rendimenti analoghi al costo del capitale (ma allora avrebbero fatto meglio a prendersi dei Btp, che hanno un rischio inferiore); due fondazioni (Sanpaolo e Cariverona) ci hanno perso; una (Cariparo) ha avuto ragione.
A tradire sono state le banche conferitarie. Fino a prima della Grande Crisi avevano dato grandi soddisfazioni. Ma poi hanno distrutto 7 miliardi di valore compensato solo per un quarto dagli altri investimenti. Se avessero seguito l'esempio di grandi fondazioni estere che hanno operato semplicemente sui mercati finanziari mollando le aziende d'origine (Mediobanca Securities cita le americane Harvard, Yale, Wellcome e la danese Nova Nordisk), le sei fondazioni avrebbero guadagnato 20 miliardi in più.
Va detto che l'universo delle fondazioni è vastissimo. La Fondazione Bosch, per esempio, è padrona della Bosch che ha 300 mila dipendenti, è leader mondiale della componentistica auto, assume in Germania e guadagna bene. Ma il punto resta. La Banca d'Italia e il Tesoro hanno usato la vocazione bancaria delle fondazioni per dare un ancoraggio nazionale e privato alle aziende di credito travolte dal crac Lehman. Ma adesso, anche in seguito agli aumenti di capitale degli ultimi tre anni, le fondazioni risultano aver investito più o meno la metà del patrimonio nella banca d'origine, con le eccezioni della Cariplo, assai diversificata rispetto a Intesa Sanpaolo, e della fondazione senese, all'opposto congelata al 90% nel Monte.
E allora ci si chiede se abbia ancora senso, guardando al futuro, restare ferme quando le banche d'origine, ormai gigantesche e internazionali, promettono rendimenti comunque inferiori alla media.
Mediobanca suggerisce tre opzioni:
1) sostituire le azioni bancarie con i Btp, rischio minimo e rendimento un pò migliore;
2) entrare nelle utilities, che promettono rendimenti ancora un pò più alti con rischi di poco superiori;
3) scommettere sui mercati finanziari globali come le quattro consorelle estere citate.
A tal proposito Mediobanca cita i buoni risultati dalla Fondazione Roma. Segno che le norme consentono l'autoriforma senza rivoluzioni. E che i gestori dei quattrini altrui, Mediobanca in testa, sono pronti per il nuovo corso delle fondazioni. Se ci sarà.
Ecco il testo dell'articolo, firmato da Massimo Mucchetti:

1) sostituire le azioni bancarie con i Btp, rischio minimo e rendimento un pò migliore;
2) entrare nelle utilities, che promettono rendimenti ancora un pò più alti con rischi di poco superiori;
3) scommettere sui mercati finanziari globali come le quattro consorelle estere citate.
A tal proposito Mediobanca cita i buoni risultati dalla Fondazione Roma. Segno che le norme consentono l'autoriforma senza rivoluzioni. E che i gestori dei quattrini altrui, Mediobanca in testa, sono pronti per il nuovo corso delle fondazioni. Se ci sarà.
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domenica 15 aprile 2012
Mediobanca
Mediobanca, istituto di credito italiano, è nata nel 1946 per soddisfare le esigenze a media scadenza delle imprese produttrici e per stabilire un rapporto diretto tra il mercato del risparmio e il fabbisogno finanziario per il riassetto produttivo delle imprese, devastate dalla Seconda Guerra Mondiale.
Dopo che le banche più importanti avevano optato per la specializzazione sul credito a breve, mancava un ente che favorisse il credito finanziario con scadenze prolungate. L’ente sviluppa, sin dall'inizio, un’attività di intermediazione consistente nel collocamento sui mercati finanziari di obbligazioni e azioni emesse da imprese italiane.
A metà del 1900 vengono stretti accordi con importanti partner esteri che le permettono così di affacciarsi sulla scena internazionale. Nel 1956 la banca è quotata in Borsa. Fin dalle origini Mediobanca ha affiancato settori parabancari come le gestioni fiduciarie (Spafid), il credito al consumo (attraverso la Compass), la revisione contabile (Reconta) e il leasing (Selma). Nel 1988 la banca viene privatizzata attraverso la costituzione di un sindacato di blocco con partecipazione paritetica di gruppi bancari (inizialmente le tre Bin fondatrici) e gruppi privati.
A Partire dagli anni Novanta, Mediobanca si evolve impegnandosi nelle operazioni di investment banking, realizzando una diversificazione nel private banking, sviluppando infine una presenza internazionale. Negli stessi anni contribuisce alla privatizzazione delle grandi imprese pubbliche (Telecom Italia, Enel, Banca di Roma e Banca Nazionale del Lavoro).
Nel 2008 con l’avviamento di CheBanca! l’operatività nel segmento bancario retail viene ampliata realizzando un modello di distribuzione multicanale (internet, call center, filiali) capace di assicurare importanti flussi di raccolta. Oggi Mediobanca è presente sui mercati internazionali con le sedi di Parigi, Madrid, Francoforte, Londra, Mosca e New York.
Al 4 febbraio 2011 risulta essere la terza banca italiana nella classifica delle 15 banche più capitalizzate quotate sulla Borsa italiana. Il suo board è composto dall’amministratore delegato Alberto Nagel, il presidente Renato Pagliaro, il vice-presidente Francesco Saverio Vinci
Dopo che le banche più importanti avevano optato per la specializzazione sul credito a breve, mancava un ente che favorisse il credito finanziario con scadenze prolungate. L’ente sviluppa, sin dall'inizio, un’attività di intermediazione consistente nel collocamento sui mercati finanziari di obbligazioni e azioni emesse da imprese italiane.
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Alberto Nagel e Renato Pagliaro AD e Presidente di Mediobanca |
A Partire dagli anni Novanta, Mediobanca si evolve impegnandosi nelle operazioni di investment banking, realizzando una diversificazione nel private banking, sviluppando infine una presenza internazionale. Negli stessi anni contribuisce alla privatizzazione delle grandi imprese pubbliche (Telecom Italia, Enel, Banca di Roma e Banca Nazionale del Lavoro).
Nel 2008 con l’avviamento di CheBanca! l’operatività nel segmento bancario retail viene ampliata realizzando un modello di distribuzione multicanale (internet, call center, filiali) capace di assicurare importanti flussi di raccolta. Oggi Mediobanca è presente sui mercati internazionali con le sedi di Parigi, Madrid, Francoforte, Londra, Mosca e New York.
Al 4 febbraio 2011 risulta essere la terza banca italiana nella classifica delle 15 banche più capitalizzate quotate sulla Borsa italiana. Il suo board è composto dall’amministratore delegato Alberto Nagel, il presidente Renato Pagliaro, il vice-presidente Francesco Saverio Vinci
lunedì 20 febbraio 2012
Mediobanca resta in utile

Per il consenso degli analisti l'utile netto sarà di 7 milioni.
In realtà i dati (dei primi sei mesi dell'esercizio 2011-12) che verranno approvati dall'esecutivo, dal cda e dal patto di sindacato dei soci mercoledì prossimo, potrebbero essere anche migliori delle previsioni: in Piazzetta Cuccia c'è soddisfazione per la chiusura positiva di un semestre assai difficile, quello da luglio a dicembre.
(da il Giornale, 19 febbraio 2012)
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