Sulla Stampa ci sono notizie non tanto belle per quanto riguarda il settore delle costruzioni e dei posti di lavoro.
«Il 2012 è stato per le costruzioni l’anno più nero» nella crisi «più intensa e più lunga nella storia del Paese», sottolinea l’associazione dei costruttori Ance. Che calcola: da inizio crisi i posti di lavoro persi sono 446mila, con i settori collegati salgono a 669mila «come l’intera popolazione di Palermo». 11.177 le imprese fallite.
«Abbiamo toccato il fondo», sottolinea il rapporto dell’osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni dell’Ance. «Mai così bassi gli investimenti», che nel 2013 arrivano al sesto anno consecutivo di caduta, con un calo complessivo del 29%.
Le imprese delle costruzioni che da inizio crisi hanno chiuso i battenti rappresentano il 23% dei fallimenti registrati in tutti i settori economici.
«Muore l’edilizia, muore la filiera», evidenzia il rapporto, indicando che nel 2012 le consegne di cemento sono diminuite del 22,6% ed il fatturato del legno del 19%.
Le stime per il 2013 indicano che gli investimenti «registreranno una ulteriore caduta del 5,6% rispetto al 2012», nonostante l’effetto positivo degli interventi del governo su incentivi fiscali e debiti della P.a.
Per il 2014 sono due gli scenari possibili tracciati dall’associazione dei costruttori: senza politiche per il settore gli investimenti continueranno a calare del 4,3%, e vorrà dire che in sette anni le costruzioni avranno perso investimenti per 59,3 miliardi, il 32,1%. Sarà «il tramonto dell’intero tessuto industriale dell’edilizia».
Se invece verranno messe in campo politiche per il settore, ed in particolare attuando le proposte dell’associazione dei costruttori (revisione Imu, messa a regime degli incentivi fiscali per ristrutturazioni e ecobonus, riattivazione del circuito del credito) gli investimenti potrebbero tornare a crescere, dell’1,6%.
Spendere 5 miliardi in infrastrutture nel 2014 aumenterebbe il Pil dello 0,33% e produrrebbe 44.500 posti di lavoro: una «manovra di rilancio» da mettere in campo nei prossimi 5 anni è possibile, sostiene l’Ance, senza sforare il limite del 3% di deficit e riducendo addirittura il rapporto debito/Pil’’.
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giovedì 20 giugno 2013
lunedì 20 maggio 2013
Il real estate si prepara ad una stagione di rilancio

Registrare le statistiche ma muoversi sulle voci. La regola d'oro dei trader borsistici, per una volta, va applicata anche al mercato immobiliare: perchè se è vero che i dati a consuntivo mostrano un mercato residenziale a passo di gambero e un settore degli uffici dove gli sfitti aumentano e i canoni scendono, in realtà i grandi operatori esteri si stanno muovendo di gran lena e stanno trattando deal importanti, a suon di centinaia di milioni di euro l'uno.
Morgan Stanley, Blackstone, Cerberus, Axa real estate, Allianz Re sono solo alcuni dei potenziali compratori attivi in questa prima parte del 2013. La stessa Cbre registra, senza fare nomi e cognomi, una ripresa del mercato dei grandi investimenti. Dopo un 2012 davvero da dimenticare, nei primi tre mesi dell'anno sono già state concluse operazioni per 620 milioni di euro, con un aumento del 36% rispetto all'ultimo trimestre dell'anno scorso. Solo a Milano le operazioni in pipeline valgono 1,5 miliardi di euro, a cui se ne aggiungono altri 1,3 miliardi per il resto dell'Italia. E, va sottolineato, che non si tratta solo di offerte sui desk dei compratori, ma di trattative già alla fase dell'esclusiva.
Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, tra i deal in corso, Morgan Stanley tra trattando gli immobili Auchan, nello specifico il 50% di un portafoglio del controvalore di 700 milioni di euro (i dettagli su Casa24Plus di domani). Tra le branch immobiliari dei gruppi assicurativi, molto attive Axa real estate che sta comprando il Bodio Center a Milano e Allianz Re, sempre a Milano, che sta valutando l'acquisizione della sede di Deutsche Bank, ex sede Campari. Il colosso americano Blackstone, che nel mondo gestisce qualcosa come 57 miliardi di dollari, è in esclusiva sul Franciacorta outlet village per circa 130 milioni e sta cercando di trattare il passaggio di mano dell'intero Fondo Due di Prisma Sgr (ex Zero Sgr), che contiene immobili di gran pregio a Milano e Roma. Anche il Da Vinci retail park è un dossier sui tavoli dei legali specializzati in real estate, con un'offerta in fase avanzata da parte del gruppo Gwm, basato a Londra ma che fa capo ad italiani "di nome".
Comune denominatore dei deal, la forte discesa dei prezzi che, finalmente, segue l'andamento dei mercati esteri. I rendimenti per gli acquirenti si sono così portati intorno, e anche al di sopra, del 9%, rendendo appetibili le operazioni al vasto mercato degli investitori internazionali, che non hanno il problema di dover reperire finanziamenti bancari da istituti italiani. Insomma, allo sbloccarsi dell'ingessamento dei valori ha subito corrisposto, nonostante la tanto gridata incertezza politica, un reale interesse da parte degli investitori. Così, ben venga anche nel residenziale un ulteriore aggiustamento dei valori, unica via – insieme alla ripresa dell'erogazione dei mutui – per portare un po' di vento nella palude stagnante delle compravendite di case.
mercoledì 24 aprile 2013
Crolla il mercato della casa? Mah, non sembrerebbe
Dalle news di Of-Osservatorio finanziario arriva un barlume di speranza per quanto riguarda la compravendita nel settore immobiliare.
Le compravendite di immobili ad uso residenziale, dice l’Istat, sono calate drasticamente, arrivando a fine 2012 a segnare un tondo -25%. Anche se l’idea che ci si può fare è che, forse, il dato reale sia molto più consistente. Anche i prezzi delle case, continua l’Istat, nel quarto trimestre del 2012, sono diminuiti. Facendo registrare un 1,5% in meno rispetto al trimestre precedente. Che diventa -4,6% se confrontato con il dato dello stesso periodo del 2011. Dovrebbe essere una buona notizia per chi cerca casa. Ma anche in questo caso, permane lo scetticismo. Online, sui forum, nelle pagine dei commenti e sui social network, nonché tramite email inviate alla redazione di Of-Osservatorio finanziario, i lettori si scatenano. “Penso che il dato sia sovrastimato. Probabilmente fa riferimento ai prezzi proposti, che sono in calo. Bisognerebbe conoscere i prezzi reali di compravendita, ma questo è uno dei capitoli più oscuri del mercato immobiliare italiano”, accusa Max. “Qualcuno mi spiega in quale parte d'Italia è avvenuto questo calo di prezzi?”, ironizza Giocons1. E ancora, “le case sono comunque sempre troppo care, specialmente quelle esistenti”, recrimina Alzatiitalia.
Come stanno davvero le cose? Chi ha ragione e chi torto? Cos’è successo, veramente, ai prezzi delle case? E soprattutto, cosa accadrà in futuro?
Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari, non ha dubbi: hanno ragione i lettori. “Sembra paradossale. Ma nonostante scendano le compravendite di case, i prezzi non calano”, conferma, “è un po’ lo stesso fenomeno che accade per le automobili e sembra normale che, nonostante il crollo (superiore a quello delle case) nelle vendite di nuove auto i prezzi dei modelli non scendano, anzi salgono sempre un pochino. E neppure accade che si vendano solo le Tata o le Yaris che costano meno di 10.000 euro: il mercato compra le Audi o le Ypsilon e si mette in fila. Per le case nuove (come per le auto) ci sono i costi di produzione che, oltre una certa soglia, non sono comprimibili”. Meglio quindi orientarsi sull'usato? “Anche qui, dipende”, risponde cauto Breglia, “la componente principale del prezzo è la localizzazione, cioè il prezzo medio della zona. Questo fa sì che le quotazioni medie tengano molto perché, per zona urbana, ci sono poche offerte e molte richieste. E la pressione della domanda, anche se spesso non diventa compravendita, rimane alta”.
E in futuro?
Cosa accadrà nei prossimi mesi ai prezzi applicati? Gli esperti sembrano dare un po’ di speranza. “Se dovesse perdurare la crisi, potrebbe aumentare la necessità di vendita per le famiglie a maggior rischio”, interviene Giordano (Adiconsum) , “questo potrebbe prolungare la riduzione dei prezzi e una loro ulteriore diminuzione". “Si prevedono ulteriori diminuzioni”, svela, infatti, Dondi (Nomisma) che anticipa, “ci attendiamo una riduzione stimata intorno al -5% alla fine di quest’anno, a cui si aggiungerà un -4% nel 2014”. Ma è ancora presto per sperare in una ripartenza del mercato immobiliare. “Per il momento non ci sono le condizioni”, continua Dondi, “si stima che un leggero miglioramento si potrà iniziare a intravedere a partire dal secondo semestre 2013. Ma certamente non si ritornerà agli stessi livelli del triennio pre-crisi 2004-2007. Una stabilizzazione si potrà avere solo a partire dalla seconda metà del 2014. Ma molto dipenderà anche dalle banche. La crisi delle compravendite è necessariamente dovuta a una mancata concessione di credito”.

Come stanno davvero le cose? Chi ha ragione e chi torto? Cos’è successo, veramente, ai prezzi delle case? E soprattutto, cosa accadrà in futuro?
Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari, non ha dubbi: hanno ragione i lettori. “Sembra paradossale. Ma nonostante scendano le compravendite di case, i prezzi non calano”, conferma, “è un po’ lo stesso fenomeno che accade per le automobili e sembra normale che, nonostante il crollo (superiore a quello delle case) nelle vendite di nuove auto i prezzi dei modelli non scendano, anzi salgono sempre un pochino. E neppure accade che si vendano solo le Tata o le Yaris che costano meno di 10.000 euro: il mercato compra le Audi o le Ypsilon e si mette in fila. Per le case nuove (come per le auto) ci sono i costi di produzione che, oltre una certa soglia, non sono comprimibili”. Meglio quindi orientarsi sull'usato? “Anche qui, dipende”, risponde cauto Breglia, “la componente principale del prezzo è la localizzazione, cioè il prezzo medio della zona. Questo fa sì che le quotazioni medie tengano molto perché, per zona urbana, ci sono poche offerte e molte richieste. E la pressione della domanda, anche se spesso non diventa compravendita, rimane alta”.
E in futuro?
Cosa accadrà nei prossimi mesi ai prezzi applicati? Gli esperti sembrano dare un po’ di speranza. “Se dovesse perdurare la crisi, potrebbe aumentare la necessità di vendita per le famiglie a maggior rischio”, interviene Giordano (Adiconsum) , “questo potrebbe prolungare la riduzione dei prezzi e una loro ulteriore diminuzione". “Si prevedono ulteriori diminuzioni”, svela, infatti, Dondi (Nomisma) che anticipa, “ci attendiamo una riduzione stimata intorno al -5% alla fine di quest’anno, a cui si aggiungerà un -4% nel 2014”. Ma è ancora presto per sperare in una ripartenza del mercato immobiliare. “Per il momento non ci sono le condizioni”, continua Dondi, “si stima che un leggero miglioramento si potrà iniziare a intravedere a partire dal secondo semestre 2013. Ma certamente non si ritornerà agli stessi livelli del triennio pre-crisi 2004-2007. Una stabilizzazione si potrà avere solo a partire dalla seconda metà del 2014. Ma molto dipenderà anche dalle banche. La crisi delle compravendite è necessariamente dovuta a una mancata concessione di credito”.
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giovedì 7 febbraio 2013
Le banche Ue vendono gli immobili a rischio per ridurre la leva
Il Sole 24 Ore e la sorte del mercato del Real Estate
Le banche europee corrono a vendere le loro proprietà immobiliari, o i mutui, con più problemi. Secondo Morgan Stanley, nel 2013 il valore di queste cessioni salirà a circa 25 miliardi. I motivi? Da un lato, la necessità di ridurre la leva; dall'altro, i timori della crescita delle sofferenze, a causa del cattivo andamento dell'economia Ue. In un simile contesto, i compratori non sono però più (esclusivamente) i private equity. Bensì, anche fondi sovrani od operatori più piccoli.
Il fenomeno
Gli istituti di credito del Vecchio continente, oltre agli scandali legati ai derivati o alla definizione del Libor, affrontano la congiuntura negativa e la necessità di ridurre la leva sul real estate commerciale. In particolare, su quest'ultimo fronte, Morgan Stanley stima il valore del deleveraging attorno a 600 miliardi. Un obietivo che, allo stato attuale, è stato raggiunto per circa il 20-25%. Insomma, la strada da fare è ancora parecchia.
Ecco allora che, dopo la sbornia immobiliare (soprattutto in Spagna) degli anni passati, il passo obbligato è quello di cedere, o svalutare, gli asset di real estate con dei problemi. Royal Bank Of Scotland, ad esempio, ha venduto un paio di immobili per circa 1 miliardo di dollari al Fondo governativo norvegese e ad AXA Real estate Investment managers. In Spagna, invece, il Banco Santander voleva vendere un portafoglio di real-estate a Morgan Stanley, per circa 3 miliardi di euro. Alla fine, però, gli immobili sono stati venduti a più piccoli singoli investitori propnti a pagare prezzi maggiori.
I nuovi compratori
E sì, perchè la nuova caratteristica di questo mercato è l'identikit dell'acquirente. Non si tratta più, infatti, del solito private equity. Bensì, di acquirenti come Fondi sovrani o società immobiliari più piccole. Questi hanno un orizzonte temporale nell'investimento più lungo dei private, e quindi sono disposti a comprare i beni problematici a prezzi maggiori. Cioè, hanno maggiore tempo a disposizione per rientrare nell'investimento.
A caccia di rendimento
Ma non è solo una questione di tempi. L'appeal degli asset di real estate problematicci è dato anche dai loro più alti rendimenti. Attualmente, la grande liquidità in giro, è in cerca di idee dove poter trovare uno yiled maggiore rispetto a quello dei «soliti» titoli di Stato dei Paesi Ue periferici. Così, guarda con interesse al commercio degli immobili proplematici delle banche.

Il fenomeno
Gli istituti di credito del Vecchio continente, oltre agli scandali legati ai derivati o alla definizione del Libor, affrontano la congiuntura negativa e la necessità di ridurre la leva sul real estate commerciale. In particolare, su quest'ultimo fronte, Morgan Stanley stima il valore del deleveraging attorno a 600 miliardi. Un obietivo che, allo stato attuale, è stato raggiunto per circa il 20-25%. Insomma, la strada da fare è ancora parecchia.
Ecco allora che, dopo la sbornia immobiliare (soprattutto in Spagna) degli anni passati, il passo obbligato è quello di cedere, o svalutare, gli asset di real estate con dei problemi. Royal Bank Of Scotland, ad esempio, ha venduto un paio di immobili per circa 1 miliardo di dollari al Fondo governativo norvegese e ad AXA Real estate Investment managers. In Spagna, invece, il Banco Santander voleva vendere un portafoglio di real-estate a Morgan Stanley, per circa 3 miliardi di euro. Alla fine, però, gli immobili sono stati venduti a più piccoli singoli investitori propnti a pagare prezzi maggiori.
I nuovi compratori
E sì, perchè la nuova caratteristica di questo mercato è l'identikit dell'acquirente. Non si tratta più, infatti, del solito private equity. Bensì, di acquirenti come Fondi sovrani o società immobiliari più piccole. Questi hanno un orizzonte temporale nell'investimento più lungo dei private, e quindi sono disposti a comprare i beni problematici a prezzi maggiori. Cioè, hanno maggiore tempo a disposizione per rientrare nell'investimento.
A caccia di rendimento
Ma non è solo una questione di tempi. L'appeal degli asset di real estate problematicci è dato anche dai loro più alti rendimenti. Attualmente, la grande liquidità in giro, è in cerca di idee dove poter trovare uno yiled maggiore rispetto a quello dei «soliti» titoli di Stato dei Paesi Ue periferici. Così, guarda con interesse al commercio degli immobili proplematici delle banche.
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venerdì 25 gennaio 2013
Arrivano le Rc casa. Il governo le voleva obbligatorie. Poi…si è dimesso
Ho trovato su Of questo articolo riguardo l'RC Casa. Leggetelo è interessante.
Per le banche, la responsabilità civile, che copre in caso di incidenti sotto il tetto domestico, è un buon affare. Cosa fa? Risarcisce infortuni causati da una tegola che accidentalmente colpisce in pieno un passante. O dal cane di famiglia che si avventa su un vicino di casa. E si affianca alle polizze tradizionali contro alluvioni, terremoti, incendi e esplosioni, furti e danni ai mobili. Of-Osservatorio finanziario ne ha messe a confronto 8. Ecco quanto costano all’anno. Ma attenzione al tacito rinnovo.
Da qualche mese si fa un gran parlare di polizze RC Casa. Soprattutto da quando il governo uscente ha iniziato a discutere circa la possibilità di renderle obbligatorie per tutti i mutuatari. La proposta di legge, almeno per il momento, non è passata. Ma le offerte di banche e compagnie assicurative continuano ad aumentare.
In pratica si tratta di coperture per responsabilità civile del fabbricato e della famiglia del contraente che risarciscono eventuali danni a terzi. Proprio come fa la RC Auto in caso di sinistri. Così, per esempio, la compagnia rimborsa i danni causati dalla somministrazione involontaria di cibi o bevande che provochino intossicazione o avvelenamento degli ospiti. Prevede un rimborso spese per il passante malauguratamente colpito da una tegola caduta accidentalmente del tetto della casa dell’assicurato. Risarcisce i danni o le ferite inferte dal cane di famiglia. E si occupa di procurare assistenza legale qualora si verificassero dispute o contenziosi con i vicini di casa.
Queste polizze, però, non sono quasi mai vendute da sole. Per potersi garantire anche la responsabilità civile, infatti, è necessario sottoscrivere anche una polizza tradizionale. Che tuteli il sottoscrittore in caso di incendi, allagamenti, esplosioni e cortocircuiti, risarcendo il danno (entro massimali prestabiliti ovviamente) a volte persino in caso di terremoti. Così, si può ottenere un rimborso anche per i danni causati da nevicate troppo abbondanti a tetti e fabbricati. Mentre qualora si verificasse un furto, o in caso di danni interni al contenuto dell’abitazione, tipo ai mobili o agli elettrodomestici, è previsto un risarcimento extra.
Nella maggior parte dei casi, poi, le assicurazioni casa sono abbinate anche a polizze per salute e malattia, a volte gratuite, che coprono in caso di ricoveri, infortuni o peggio, rimborsando anche le spese mediche per eventuali degenze in ospedale.
I limiti
Sebbene si tratti di prodotti all’apparenza omnicomprensivi, leggendo i prospetti informativi, si può notare che tantissime sono invece le limitazioni. A volte anche molto fantasiose. C’è chi, per esempio, elenca tutte le razze di cani che non possono essere oggetto di tutela, come il Dogo Argentino o il Pitbull, tanto per citarne alcuni. Specificando anche che gli incroci con queste razze non sono assicurabili. Altri, escludono infortuni provocati da animali da sella o derivanti dall’esercizio della caccia e della pesca subacquea. Mentre c’è anche chi non risarcisce infortuni conseguenti ad attività di volontariato di natura medico-infermieristica. Per quanto riguarda l’immobile, poi, alcune polizze escludono dalla copertura tutti i danni causati dai collaboratori domestici (compresi badanti e baby sitter) non in regola con le normative di legge. Quelli derivanti da mancata manutenzione o scarsa cura da parte dell’assicurato o della sua famiglia. O verificatisi in occasione di guerre, insurrezioni e tumulti popolari, scioperi, sommosse, occupazione militare, invasione, atti di terrorismo o sabotaggio. Anche eventuali falle di pertinenza pubblica, come per esempio fuoriuscite fognarie che rischiano di allagare la casa, non comportano il diritto a ottenere un rimborso. Così come gli incendi provocati da esplosioni nucleari.
Mentre la responsabilità civile nei confronti di terzi, per alcuni, non è dovuta se i terzi in questione sono coabitanti, parenti, o affini. Nemmeno i conviventi di fatto, compresi i loro ascendenti, discendenti e ogni altro parente sono inclusi. Così come i minori in affido.
Per le banche, la responsabilità civile, che copre in caso di incidenti sotto il tetto domestico, è un buon affare. Cosa fa? Risarcisce infortuni causati da una tegola che accidentalmente colpisce in pieno un passante. O dal cane di famiglia che si avventa su un vicino di casa. E si affianca alle polizze tradizionali contro alluvioni, terremoti, incendi e esplosioni, furti e danni ai mobili. Of-Osservatorio finanziario ne ha messe a confronto 8. Ecco quanto costano all’anno. Ma attenzione al tacito rinnovo.
Da qualche mese si fa un gran parlare di polizze RC Casa. Soprattutto da quando il governo uscente ha iniziato a discutere circa la possibilità di renderle obbligatorie per tutti i mutuatari. La proposta di legge, almeno per il momento, non è passata. Ma le offerte di banche e compagnie assicurative continuano ad aumentare.
In pratica si tratta di coperture per responsabilità civile del fabbricato e della famiglia del contraente che risarciscono eventuali danni a terzi. Proprio come fa la RC Auto in caso di sinistri. Così, per esempio, la compagnia rimborsa i danni causati dalla somministrazione involontaria di cibi o bevande che provochino intossicazione o avvelenamento degli ospiti. Prevede un rimborso spese per il passante malauguratamente colpito da una tegola caduta accidentalmente del tetto della casa dell’assicurato. Risarcisce i danni o le ferite inferte dal cane di famiglia. E si occupa di procurare assistenza legale qualora si verificassero dispute o contenziosi con i vicini di casa.
Queste polizze, però, non sono quasi mai vendute da sole. Per potersi garantire anche la responsabilità civile, infatti, è necessario sottoscrivere anche una polizza tradizionale. Che tuteli il sottoscrittore in caso di incendi, allagamenti, esplosioni e cortocircuiti, risarcendo il danno (entro massimali prestabiliti ovviamente) a volte persino in caso di terremoti. Così, si può ottenere un rimborso anche per i danni causati da nevicate troppo abbondanti a tetti e fabbricati. Mentre qualora si verificasse un furto, o in caso di danni interni al contenuto dell’abitazione, tipo ai mobili o agli elettrodomestici, è previsto un risarcimento extra.
Nella maggior parte dei casi, poi, le assicurazioni casa sono abbinate anche a polizze per salute e malattia, a volte gratuite, che coprono in caso di ricoveri, infortuni o peggio, rimborsando anche le spese mediche per eventuali degenze in ospedale.
I limiti
Sebbene si tratti di prodotti all’apparenza omnicomprensivi, leggendo i prospetti informativi, si può notare che tantissime sono invece le limitazioni. A volte anche molto fantasiose. C’è chi, per esempio, elenca tutte le razze di cani che non possono essere oggetto di tutela, come il Dogo Argentino o il Pitbull, tanto per citarne alcuni. Specificando anche che gli incroci con queste razze non sono assicurabili. Altri, escludono infortuni provocati da animali da sella o derivanti dall’esercizio della caccia e della pesca subacquea. Mentre c’è anche chi non risarcisce infortuni conseguenti ad attività di volontariato di natura medico-infermieristica. Per quanto riguarda l’immobile, poi, alcune polizze escludono dalla copertura tutti i danni causati dai collaboratori domestici (compresi badanti e baby sitter) non in regola con le normative di legge. Quelli derivanti da mancata manutenzione o scarsa cura da parte dell’assicurato o della sua famiglia. O verificatisi in occasione di guerre, insurrezioni e tumulti popolari, scioperi, sommosse, occupazione militare, invasione, atti di terrorismo o sabotaggio. Anche eventuali falle di pertinenza pubblica, come per esempio fuoriuscite fognarie che rischiano di allagare la casa, non comportano il diritto a ottenere un rimborso. Così come gli incendi provocati da esplosioni nucleari.
Mentre la responsabilità civile nei confronti di terzi, per alcuni, non è dovuta se i terzi in questione sono coabitanti, parenti, o affini. Nemmeno i conviventi di fatto, compresi i loro ascendenti, discendenti e ogni altro parente sono inclusi. Così come i minori in affido.
giovedì 20 dicembre 2012
Anche le banche spaventate dalla crisi della casa. L'Abi studia un accordo sui mutui con i costruttori per rilanciare l'edilizia
Dice Huffington Post che "se non riparte l'edilizia non riparte l'economia. L'allarme, stavolta, non è arrivato dalle associazioni dei costruttori. A lanciarlo è stato direttamente il sistema bancario, per bocca del presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari. "Dal punto di vista macroeconomico", ha spiegato, "il settore edilizio, e quindi dei mutui, è il motore della crescita. Rappresenta", ha detto Mussari, un comparto essenziale per l'economia su cui l'Abi si sta confrontando con l'Ance (l'associazione dei costruttori, ndr)".
Il nodo da sciogliere è molto complicato. Da bene rifugio, il mattone sembra essersi trasformato in un bene dal quale fuggire. Nel primo semestre dell'anno, secondo i dati dell'Agenzia del Territorio, le compravendite sono crollate del 25% a 262.967 unità. Colpa dell'Imu e della Tares? In parte forse. Ma l'andamento del mercato non dipende solo dalla patrimoniale decisa dal governo Monti sulla casa. Buona parte della responsabilità è del debito pubblico.
Gli economisti lo chiamano effetto "spiazzamento". Comprare titoli di Stato è molto più sicuro e conveniente di ogni altro investimento. Compreso quello tipico nel mattone. Qualche indizio lo si trova nello stesso Bollettino dell'Abi diffuso oggi. Le attività finanziarie delle famiglie, spiega il documento, sono calate a 3.559 miliardi di euro nel secondo semestre dell'anno, il 2,6% in meno rispetto ad un anno fa. Ma il dato non racconta tutto. Nel portafoglio degli italiani ci sono sempre meno azioni e partecipazioni (-14,4% in un anno) e fondi comuni di investimento (-4,7%), mentre ci sono sempre più titoli pubblici (aumentati dell'8,6% in un solo anno)."
Il nodo da sciogliere è molto complicato. Da bene rifugio, il mattone sembra essersi trasformato in un bene dal quale fuggire. Nel primo semestre dell'anno, secondo i dati dell'Agenzia del Territorio, le compravendite sono crollate del 25% a 262.967 unità. Colpa dell'Imu e della Tares? In parte forse. Ma l'andamento del mercato non dipende solo dalla patrimoniale decisa dal governo Monti sulla casa. Buona parte della responsabilità è del debito pubblico.
Gli economisti lo chiamano effetto "spiazzamento". Comprare titoli di Stato è molto più sicuro e conveniente di ogni altro investimento. Compreso quello tipico nel mattone. Qualche indizio lo si trova nello stesso Bollettino dell'Abi diffuso oggi. Le attività finanziarie delle famiglie, spiega il documento, sono calate a 3.559 miliardi di euro nel secondo semestre dell'anno, il 2,6% in meno rispetto ad un anno fa. Ma il dato non racconta tutto. Nel portafoglio degli italiani ci sono sempre meno azioni e partecipazioni (-14,4% in un anno) e fondi comuni di investimento (-4,7%), mentre ci sono sempre più titoli pubblici (aumentati dell'8,6% in un solo anno)."
venerdì 12 ottobre 2012
Massimo Caputi ottiene l'esclusiva su Prelios
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Massimo Caputi |
Il CdA di Prelios ha infatti deliberato di proseguire in esclusiva le trattative con Feidos per il riassetto della società, non scegliendo, per ora, il piano presentato dagli americani di Fortress. I principali finanziatori e soci hanno dato l’ok a supportare l’operazione e la scadenza delle trattative è fissata per il 12 novembre.
L’offerta di Massimo Caputi prevede un aumento di capitale di 135 milioni, dei quali 25 arriverebbero
dal nuovo socio, 25 dagli attuali soci del patto di sindacato della società
immobiliare e 85 dal mercato, con la garanzia delle banche creditrici.
“Abbiamo già individuato un manager di
standing internazionale e grande esperienza nel settore immobiliare cui
affidare la guida della società”, afferma Massimo Caputi,“obiettivo del pool di investitori
riuniti attorno a Feidos è trasformare Prelios, anche grazie ad un immediato
aumento di capitale, in un polo europeo di servizi immobiliari finanziari”.
Aggiunge Giuseppe Cornetto Bourlot: “Intendiamo
rilanciare dismettendo gli investimenti diretti che hanno creato un debito
insostenibile, operando per creare grande valore per azionisti di Prelios e
Investitori dei Fondi gestiti”, che tiene anche a ringraziare “banche e cda Prelios per l'attenzione
dedicata alla nostra complessa proposta”.
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mercoledì 1 agosto 2012
Prime Shopping Value: nuovo fondo d'investimento immobiliare
BNP Paribas REIM e Gallerie Commerciali Italia,
società del gruppo Auchan, hanno costituito il fondo immobiliare chiuso
di diritto italiano “Prime Shopping Value”.
Gallerie Commerciali Italia apporterà al Fondo 15 immobili retail (13 gallerie commerciali e 2 retail park) distribuiti su tutto il territorio italiano, caratterizzati da contratti di affitto con esercenti e catene retail di alto standing. L’operazione, del valore di circa 700 milioni, verrà perfezionata al termine del collocamento delle quotedel Fondo a investitori istituzionali. «Siamo consapevoli di cosa significhi lanciare un progetto in questa fase storica. Siamo altresì convinti che gli investitori sapranno apprezzare la qualità del pacchetto proposto», ha detto Edoardo Favro, ad di Gallerie Commerciali Italia. Il rendimento obiettivo del fondo sarà sopra l’8%.
(da Massimo Caputi, il punto sul Real Estate)
Gallerie Commerciali Italia apporterà al Fondo 15 immobili retail (13 gallerie commerciali e 2 retail park) distribuiti su tutto il territorio italiano, caratterizzati da contratti di affitto con esercenti e catene retail di alto standing. L’operazione, del valore di circa 700 milioni, verrà perfezionata al termine del collocamento delle quotedel Fondo a investitori istituzionali. «Siamo consapevoli di cosa significhi lanciare un progetto in questa fase storica. Siamo altresì convinti che gli investitori sapranno apprezzare la qualità del pacchetto proposto», ha detto Edoardo Favro, ad di Gallerie Commerciali Italia. Il rendimento obiettivo del fondo sarà sopra l’8%.
(da Massimo Caputi, il punto sul Real Estate)
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martedì 24 luglio 2012
Generali Immobiliare premiato da IPD
Il Fondo Eracle, fondo d'investimento chiuso riservato a investitori istituzionali e gestito da Generali Immobiliare SGR, è stato premiato come ''Best performing Balanced Fund for Italy'' da IPD (Investment Property Databank), leader mondiale nell'analisi delle performance degli operatori del settore immobiliare.
Il premio è stato consegnato a Giovanni Maria Paviera, amministratore delegato di Generali Immobiliare Italia SGR, nel corso degli IPD European Property Investment Awards, a Francoforte.
Il Fondo Eracle, costituito nel 2008 tramite l'apporto di una parte del patrimonio immobiliare del Banco Popolare, ha un valore di mercato di circa 780 milioni di euro e una durata di 25 anni. Il portafoglio immobiliare è costituito da 456 immobili presenti sul territorio nazionale, con una superficie lorda complessiva di oltre 324.000 mq. Generali Immobiliare Italia SGR, società di gestione specializzata nei fondi immobiliari, detenuta al 100% da Generali Real Estate, è nata nel 2006 e gestisce 9 fondi immobiliari per un patrimonio complessivo di 5,4 miliardi di euro, composto da oltre 650 immobili per oltre 2 milioni di mq complessivi.
(da Massimo Caputi blog)
Il premio è stato consegnato a Giovanni Maria Paviera, amministratore delegato di Generali Immobiliare Italia SGR, nel corso degli IPD European Property Investment Awards, a Francoforte.
Il Fondo Eracle, costituito nel 2008 tramite l'apporto di una parte del patrimonio immobiliare del Banco Popolare, ha un valore di mercato di circa 780 milioni di euro e una durata di 25 anni. Il portafoglio immobiliare è costituito da 456 immobili presenti sul territorio nazionale, con una superficie lorda complessiva di oltre 324.000 mq. Generali Immobiliare Italia SGR, società di gestione specializzata nei fondi immobiliari, detenuta al 100% da Generali Real Estate, è nata nel 2006 e gestisce 9 fondi immobiliari per un patrimonio complessivo di 5,4 miliardi di euro, composto da oltre 650 immobili per oltre 2 milioni di mq complessivi.
(da Massimo Caputi blog)
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mercoledì 11 luglio 2012
Nasce Generali Real Estate
E' nata Generali Real Estate, nuova società in cui
sono confluite tutte le attività di servizi e di gestione immobiliare
di Generali.
Sebbene all’interno di un quadro preoccupante - un mercato asfittico, con domanda debole, offerta in crescita, prezzi che vacillano ma soprattutto scambi al lumicino, per le case come per gli altri immobili - l’esordio della nuova creatura avviene sotto i migliori auspici. Il colosso con 28 miliardi di asset in gestione (immobili di Generali e di terzi) si presenta infatti sulla scena con l’ok a un nuovo fondo immobiliare da 500 milioni, fresco di autorizzazione da parte della Banca d’Italia. Prende così forza e consistenza il nuovo approccio di Generali al mattone, varato alla fine dello scorso anno con la creazione appunto di Generali Real Estate affidata all’amministratore delegato Giancarlo Scotti (presidente è Raffaele Agrusti, direttore generale della compagnia assicurativa): concentrare tutte le attività internazionali in Italia sotto l’ombrello della nuova nata (le 11 società internazionali sono ora filiali della realtà italiana) così da proporsi al mercato come operatore real estate a tutto tondo, dunque aperto anche a clienti terzi. Si tratta di fatto della prima multinazionale italiana del mattone, forte del maggior patrimonio immobiliare in gestione tra i player europei e di un team di 600 professionisti, ma soprattutto con obiettivi di crescita e di redditività importanti: il 6% l’anno da qui al 2016, passando da 28 a 36 miliardi di euro di asset in gestione. All’interno di queste cifre, ancora più ambiziosi sono i target di sviluppo delle gestione conto terzi, oggi pari all’8-10% dei 28 miliardi di asset under management, percentuale che dovrà man mano portarsi verso il 15-16%. I restanti 26 miliardi di asset sono direttamente posseduti dal gruppo Generali, un patrimonio che oggi esprime una plusvalenza latente superiore a 5 miliardi di euro, pari al 30%, rimasta costante anche in questi anni di grave turbolenza, confermando quindi l’efficacia della politica di investimento attuata dal gruppo. Il total return, calcolato a valori di mercato, si è assestato invece intorno al 5%. L’immenso patrimonio posseduto direttamente deriva dall’approccio continuativo della compagnia di Trieste nei confronti degli investimenti immobiliari, considerati funzionali al business assicurativo sia per gli interessanti ritorni nel lungo periodo (redditività ricorrente e creazione di valore) sia perché soggetti a minore volatilità. Il patrimonio del Leone include anche immobili di grande importanza storica e architettonica, così come altri di valenza modernissima e hi-tech, che ha sempre gestito in modo attivo svolgendo negli anni continua attività di rotazione del portafoglio. In particolare il portafoglio del gruppo, con immobili di pregio concentrati nelle grandi capitali, è attualmente per il 65% destinato ad uso uffici, per il 10% al residenziale, per il 15% al retail e per il restante 10% ad altri usi. La quota di residenziale è stata molto ridotta negli ultimi anni a favore di uffici e spazi commerciali, proprio per migliorare la redditività del portafoglio. La maggior parte degli immobili si trova in Europa, in particolare il 41% in Italia, il 21% in Francia, il 17%, in Germania, il 18% negli altri Paesi europei. A Generali Re fanno capo anche le società di gestione dei fondi.
(da Massimo Caputi, il punto sul Real Estate)
Sebbene all’interno di un quadro preoccupante - un mercato asfittico, con domanda debole, offerta in crescita, prezzi che vacillano ma soprattutto scambi al lumicino, per le case come per gli altri immobili - l’esordio della nuova creatura avviene sotto i migliori auspici. Il colosso con 28 miliardi di asset in gestione (immobili di Generali e di terzi) si presenta infatti sulla scena con l’ok a un nuovo fondo immobiliare da 500 milioni, fresco di autorizzazione da parte della Banca d’Italia. Prende così forza e consistenza il nuovo approccio di Generali al mattone, varato alla fine dello scorso anno con la creazione appunto di Generali Real Estate affidata all’amministratore delegato Giancarlo Scotti (presidente è Raffaele Agrusti, direttore generale della compagnia assicurativa): concentrare tutte le attività internazionali in Italia sotto l’ombrello della nuova nata (le 11 società internazionali sono ora filiali della realtà italiana) così da proporsi al mercato come operatore real estate a tutto tondo, dunque aperto anche a clienti terzi. Si tratta di fatto della prima multinazionale italiana del mattone, forte del maggior patrimonio immobiliare in gestione tra i player europei e di un team di 600 professionisti, ma soprattutto con obiettivi di crescita e di redditività importanti: il 6% l’anno da qui al 2016, passando da 28 a 36 miliardi di euro di asset in gestione. All’interno di queste cifre, ancora più ambiziosi sono i target di sviluppo delle gestione conto terzi, oggi pari all’8-10% dei 28 miliardi di asset under management, percentuale che dovrà man mano portarsi verso il 15-16%. I restanti 26 miliardi di asset sono direttamente posseduti dal gruppo Generali, un patrimonio che oggi esprime una plusvalenza latente superiore a 5 miliardi di euro, pari al 30%, rimasta costante anche in questi anni di grave turbolenza, confermando quindi l’efficacia della politica di investimento attuata dal gruppo. Il total return, calcolato a valori di mercato, si è assestato invece intorno al 5%. L’immenso patrimonio posseduto direttamente deriva dall’approccio continuativo della compagnia di Trieste nei confronti degli investimenti immobiliari, considerati funzionali al business assicurativo sia per gli interessanti ritorni nel lungo periodo (redditività ricorrente e creazione di valore) sia perché soggetti a minore volatilità. Il patrimonio del Leone include anche immobili di grande importanza storica e architettonica, così come altri di valenza modernissima e hi-tech, che ha sempre gestito in modo attivo svolgendo negli anni continua attività di rotazione del portafoglio. In particolare il portafoglio del gruppo, con immobili di pregio concentrati nelle grandi capitali, è attualmente per il 65% destinato ad uso uffici, per il 10% al residenziale, per il 15% al retail e per il restante 10% ad altri usi. La quota di residenziale è stata molto ridotta negli ultimi anni a favore di uffici e spazi commerciali, proprio per migliorare la redditività del portafoglio. La maggior parte degli immobili si trova in Europa, in particolare il 41% in Italia, il 21% in Francia, il 17%, in Germania, il 18% negli altri Paesi europei. A Generali Re fanno capo anche le società di gestione dei fondi.
(da Massimo Caputi, il punto sul Real Estate)
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martedì 3 luglio 2012
Aldo Mazzocco: Beni Stabili conferma i dividendi
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Aldo Mazzocco, ad di Beni Stabili |
(da Massimo Caputi blog)
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lunedì 10 ottobre 2011
Massimo Caputi da Fimit a Idea Fimit
Massimo Caputi entra in Fimit nel 2000, come Amministratore Delegato.
Al tempo la società era affossata da una gestione inefficiente e l’ingresso di Massimo Caputi segna una svolta.
Nel 2002
arriva il collocamento del Fondo Alpha: il primo fondo per Fimit,
nonché il primo fondo ad apporto pubblico in Italia e primo fondo
immobiliare ad essere quotato presso la Borsa Italiana di Milano.
Nel 2004 il successo si consolida con il collocamento e la quotazione del Fondo Beta, che ottiene un record di domanda con un bid-to-cover pari ad 1,3 volte l’offerta.
Nel 2006 arriva poi il fondo Delta, primo fondo con focus dedicato al settore turistico ed entertainment (tra cui i famosi cinema multisala ex-Warner: The Space) che raggiunge una raccolta da record di ben 210 milioni di euro in fase di collocamento.
Dopo averne lasciato la guida all’inizio del 2007, nel luglio 2008 Massimo Caputi rientra in Fimit come azionista e come amministratore delegato.
Alla fine del 2008 Massimo Caputi fa conferire il patrimonio immobiliare dei grandi gruppi bancari italiani in fondi istituzionali, aiutando così il sistema bancario in crisi.
Con i fondi Omega e Omicron Plus, Intesa San Paolo e Unicredit apportano oltre 500 immobili per un controvalore di quasi 2 miliardi di euro. In particolare per il fondo Omicron Plus, oltre 1 miliardo di asset, l’intero collocamento delle quote avviene in soli 18 giorni lavorativi.
Nel 2009 tocca invece al gruppo assicurativo Fondiaria-Sai con la creazione del fondo Rho.
Grazie a queste operazioni promosse da Massimo Caputi, Fimit consolida la sua leadership come player di riferimento nazionale e Massimo Caputi si afferma ottenendo la fiducia da chi deve valorizzare il proprio patrimonio immobiliare, dagli investitori ma anche dalle agenzia di rating internazionale.
Nello stesso anno, Fitch Rating promuove la capacità gestionale con un upgrading del rating Manager “M2-/Strong”. Un rating che si misurava su cinque ambiti gestionali: la capacità di selezione dell’investimento, la gestione del portfolio, l’amministrazione dell’investimento, la gestione del rischio e la gestione aziendale.
Nel 2010, ancora una volta, si conferma il successo di Massimo Caputi nel creare valore per gli azionisti, grazie all’interessamento del fondo di investimento DeA Capital, Gruppo De Agostini, per Fimit, già leader di mercato con oltre 5 miliardi di patrimonio gestito.
Il il 3 ottobre 2011, la fusione tra First Atlantic Real Estate (Fare) e Fimit porta alla creazione di Idea Fimit.
Al tempo la società era affossata da una gestione inefficiente e l’ingresso di Massimo Caputi segna una svolta.
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Massimo Caputi, Fimit |
Nel 2004 il successo si consolida con il collocamento e la quotazione del Fondo Beta, che ottiene un record di domanda con un bid-to-cover pari ad 1,3 volte l’offerta.
Nel 2006 arriva poi il fondo Delta, primo fondo con focus dedicato al settore turistico ed entertainment (tra cui i famosi cinema multisala ex-Warner: The Space) che raggiunge una raccolta da record di ben 210 milioni di euro in fase di collocamento.
Dopo averne lasciato la guida all’inizio del 2007, nel luglio 2008 Massimo Caputi rientra in Fimit come azionista e come amministratore delegato.
Alla fine del 2008 Massimo Caputi fa conferire il patrimonio immobiliare dei grandi gruppi bancari italiani in fondi istituzionali, aiutando così il sistema bancario in crisi.
Con i fondi Omega e Omicron Plus, Intesa San Paolo e Unicredit apportano oltre 500 immobili per un controvalore di quasi 2 miliardi di euro. In particolare per il fondo Omicron Plus, oltre 1 miliardo di asset, l’intero collocamento delle quote avviene in soli 18 giorni lavorativi.
Nel 2009 tocca invece al gruppo assicurativo Fondiaria-Sai con la creazione del fondo Rho.
Grazie a queste operazioni promosse da Massimo Caputi, Fimit consolida la sua leadership come player di riferimento nazionale e Massimo Caputi si afferma ottenendo la fiducia da chi deve valorizzare il proprio patrimonio immobiliare, dagli investitori ma anche dalle agenzia di rating internazionale.
Nello stesso anno, Fitch Rating promuove la capacità gestionale con un upgrading del rating Manager “M2-/Strong”. Un rating che si misurava su cinque ambiti gestionali: la capacità di selezione dell’investimento, la gestione del portfolio, l’amministrazione dell’investimento, la gestione del rischio e la gestione aziendale.
Nel 2010, ancora una volta, si conferma il successo di Massimo Caputi nel creare valore per gli azionisti, grazie all’interessamento del fondo di investimento DeA Capital, Gruppo De Agostini, per Fimit, già leader di mercato con oltre 5 miliardi di patrimonio gestito.
Il il 3 ottobre 2011, la fusione tra First Atlantic Real Estate (Fare) e Fimit porta alla creazione di Idea Fimit.
mercoledì 15 luglio 2009
I titoli promossi da Mediobanca, la banca d'affari del gruppo di Cesare Geronzi
Notizia fresca fresca sulle quotazioni.
Mediobanca, la banca d'affari del gruppo di Cesare Geronzi, ha alzato a 0,61 euro (dai precedenti 0,53% ) il target price (Prezzo Obiettivo) sulla società immobiliare Beni Stabili, sulla base di un basso profilo di rischio delle attività gestite. Gli analisti del gruppo di Cesare Geronzi hanno confermato il giudizio “Neutrale”. Il titolo scambia all'FTSE Mid Cap a 0,552 euro in progresso dello 0,91%.
Per chi si interessa di Borsa, riporto che ieri gli analisti di Mediobanca avevano alzato a 15 euro per azione la valutazione sulla società Ansaldo-Sts, in seguito al miglioramento delle stime sull’utile per azione per il triennio 2009/2011. Gli esperti del gruppo di Cesare Geronzi hanno ribadito il giudizio “Outperform” (farà meglio del mercato).
Lunedì Mediobanca aveva invece incrementato a 2 euro il prezzo obiettivo su Amplifon, in seguito alla revisione delle stime per i prossimi trimestri. Gli esperti del gruppo di Cesare Geronzi hanno ribadito il “Neutral Rating” anche su questo titolo.
Una promozione anche per il Gruppo l’Espresso: venerdì Mediobanca aveva alzato a 1,37 euro il target price sulla società editoriale, dopo l’annuncio del taglio dei costi per 140 milioni di euro. In questo caso il giudizio è passato da “Neutrale” ad “Outperform” (farà meglio del mercato).
Mediobanca, la banca d'affari del gruppo di Cesare Geronzi, ha alzato a 0,61 euro (dai precedenti 0,53% ) il target price (Prezzo Obiettivo) sulla società immobiliare Beni Stabili, sulla base di un basso profilo di rischio delle attività gestite. Gli analisti del gruppo di Cesare Geronzi hanno confermato il giudizio “Neutrale”. Il titolo scambia all'FTSE Mid Cap a 0,552 euro in progresso dello 0,91%.
Per chi si interessa di Borsa, riporto che ieri gli analisti di Mediobanca avevano alzato a 15 euro per azione la valutazione sulla società Ansaldo-Sts, in seguito al miglioramento delle stime sull’utile per azione per il triennio 2009/2011. Gli esperti del gruppo di Cesare Geronzi hanno ribadito il giudizio “Outperform” (farà meglio del mercato).
Lunedì Mediobanca aveva invece incrementato a 2 euro il prezzo obiettivo su Amplifon, in seguito alla revisione delle stime per i prossimi trimestri. Gli esperti del gruppo di Cesare Geronzi hanno ribadito il “Neutral Rating” anche su questo titolo.
Una promozione anche per il Gruppo l’Espresso: venerdì Mediobanca aveva alzato a 1,37 euro il target price sulla società editoriale, dopo l’annuncio del taglio dei costi per 140 milioni di euro. In questo caso il giudizio è passato da “Neutrale” ad “Outperform” (farà meglio del mercato).
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