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martedì 10 marzo 2015

Cassa depositi e prestiti emette il suo primo bond. Ecco i punti di forza



Dal 9 marzo tutti i cittadini italiani maggiorenni e residenti nel Paese potranno sottoscrivere i nuovi bond emessi da Cassa depositi e prestiti. Il Gruppo di via Goito ha infatti deciso, per la prima volta nella sua storia centenaria, di emettere delle obbligazioni destinate al grande pubblico.
Lo scopo, fanno sapere dalla Cdp, è quello di raccogliere fondi per finanziare un ambizioso progetto destinato a sostenere la ripresa economica del Paese. È per questa ragione che il legislatore ha dato il suo ok ad una tassazione agevolata per i rendimenti.
Ma facciamo un passo indietro. Le nuove obbligazioni saranno sottoscrivibili nelle filiali delle maggiori banche (qui l’elenco >>). Il tasso sarà fisso all’1,75% per i primi due anni e successivamente sarà variabile, agganciato all’Euriobor 3 mesi. Gli analisti concordano che in futuro questo indice crescerà, generando un maggiore profitto per gli investitori.
C’è poi, come detto, la quesitone della tassazione. Lo statuto della Cassa depositi e prestiti obbliga il gruppo ad investire solo in progetti che abbiano una utilità pubblica. Quindi in infrastrutture, come quelle per la viabilità o quelle energetiche, nella scuola o nel sostegno alle imprese. Ecco dunque che il legislatore, proprio in virtù di questo interesse pubblico, ha deciso di accordare una tassazione agevolata pari al 12,5%, invece del 26% fissato per le altre rendite finanziarie.




venerdì 24 ottobre 2014

Ok del cda alla fusione tra Bpaa e Bpm

I CdA di Banca Popolare dell'Alto Adige (Bpaa) e Banca Popolare di Marostica (Bpm) hanno approvato all'unanimità il progetto di fusione per incorporazione di Bpm in Bpaa.
"L'accordo - si legge in una nota - contiene le linee guida e le principali pattuizioni relative all'integrazione tra le due Banche che, nel rispetto della tradizione di banca popolare che accomuna entrambe le parti e assicurando il mantenimento dell'identità locale delle stesse, darà vita a una nuova realtà bancaria fortemente radicata nel nord-est del Paese che possa costituire altresì la base per un'ulteriore crescita nella medesima zona. Il progetto di integrazione si pone inoltre l'obiettivo di creare valore per gli stakeholders di Bpaa e di Bpm, e in particolare per i loro soci, dipendenti, clienti e per i territori di riferimento. La fusione porterà alla creazione di una banca popolare con circa 200 sportelli"

venerdì 13 giugno 2014

Un nuovo rapporto tra banche e imprese

Il titolo di questo aritcolo del Sole 24Ore mi ha incuriosito molto, non ho potuto non leggerlo.

Riteniamo sicuramente apprezzabile e condivisibile l'"agenda per il credito per la crescita del Paese" presentata nei giorni scorsi da Confindustria. Infatti, innanzitutto condividiamo l'analisi delle molteplici cause della grave e lunga crisi che ha colpito l'Italia dopo il settembre 2008.
Crisi che si è acuita in particolare dal 2011 quando è esplosa prepotentemente anche la crisi del "debito sovrano", con la fortissima crescita dello "spread" che solamente dopo quasi tre anni di sacrifici sta tornando a livelli meno problematici, ma che non deve mai essere assolutamente sottovalutato perché può sempre riprendere, anche all'improvviso.
L'analisi di Confindustria anche in questo documento è assolutamente equilibrata e non trascura nemmeno la bassa patrimonializzazione frequente nella struttura finanziaria delle imprese in genere, in particolare delle piccole e medie che dipendono in Italia eccessivamente dal credito bancario e sono oltretutto frequentemente di tale ridotta dimensione che è spesso difficile anche il reperimento di nuovi capitali.
Per contrastare il circolo vizioso riguardante la recessione ed i suoi effetti, fra i quali i problemi subìti dalle banche, anche per la rapida immissione di nuove normative complesse, il documento di Confindustria sottolinea giustamente la molteplicità delle misure varate negli ultimissimi anni per convergenza di volontà innanzitutto di Confindustria e della Associazione Bancaria Italiana, quali, fra gli altri, le moratorie sui debiti delle imprese, il rafforzamento dei fondi di garanzia delle piccole e medie imprese, i "plafond" realizzati anche in collaborazione con la Cassa Depositi e Prestiti, il comune impegno per il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione che tuttora sono in ingente attesa di essere saldati, per non trascurare certamente altre misure a favore della maggiore capitalizzazione delle imprese.

Ma questi sono stati solamente i primi interventi, anche varati con spirito di emergenza: occorre proseguire in modo efficace ed efficiente con diverse altre misure che rendano più omogenea l'Italia ai mercati delle imprese del resto dell'Europa e dei Paesi più evoluti dell'Occidente dove il credito bancario svolge solitamente un ruolo non egemone nel finanziamento dell'economia, ma concorrente con altri canali che servono innanzitutto a fornire le imprese di più cospicui capitali propri.
Condividiamo pure l'esigenza di rafforzare i complessi sistemi di garanzia per l'erogazione di nuovi prestiti in particolare per le piccole e medie imprese, nonché ogni iniziativa legislativa, quale il potenziamento della legge cosiddetta "Nuova Sabatini" con ulteriori semplificazioni procedurali e agevolazioni di continuità degli interventi. È anche molto importante che tale normativa sia affiancata da altri sistemi automatici di sostegno agli investimenti a cominciare da quelli in ricerca e innovazione, di attrazione di investimenti e di soluzioni di crisi di impresa.

L'internazionalizzazione delle imprese è comunque una esigenza sempre più forte e in tal senso Confindustria e Abi sono già impegnate nell'elaborazione di proposte congiunte per il rafforzamento degli strumenti per l'internazionalizzazione delle imprese.
È inoltre molto auspicabile che anche gli investitori istituzionali non bancari credano maggiormente e più stabilmente nelle imprese italiane in genere per convogliare più cospicuamente i risparmi degli Italiani nella costruzione di un circolo virtuoso che incoraggi più consistentemente gli interventi nell'azionariato delle imprese radicate nel Paese.

Insomma bisogna sviluppare giorno per giorno nuovi impegnativi orizzonti per accelerare la costruttiva modernizzazione delle relazioni fra banche e imprese in un clima di assoluta trasparenza e lealtà, nel rispetto di tutte le normative innanzitutto fiscali che rappresentano frequentemente una palla al piede delle imprese tutte ma debbono essere prima applicate e contestualmente debbono essere richieste le opportune correzioni in vista della "unione fiscale europea". Infatti non può sussistere una vera unione economica, doganale, monetaria e bancaria senza costruire contemporaneamente anche una uniformità nelle regole e nell'applicazione delle norme fiscali a tutte le imprese di ogni genere e natura operanti nel mercato europeo. In tal senso gli sforzi convergenti di Confindustria e Abi debbono essere maggiormente colti dalle Istituzioni della Repubblica.
Antonio Patuelli è presidente dell'Associazione Bancaria Italiana

lunedì 19 maggio 2014

Lo sportello bancario è un’app e la finanza corre sul digitale

Il mobile prende sempre più possesso delle nostre vite: anche i movimenti bancari saranno gestiti da dispositivi portatili. Di seguito un estratto di un articolo tratto da Repubblica.

Milano - La tecnologia sta trasformando rapidamente l’interazione delle banche con i clienti, e i connessi vantaggi competitivi: l’utente, privato o impresa, si fa sempre più esigente, interconnesso e mobile, e ritiene del tutto naturale poter fruire dei servizi finanziari svincolato da luoghi e tempi, in funzionalità diretta.
L’ultimo salto di cascata è rappresentato dai dispositivi mobili (cellulari e tablet) che in Italia, malgrado la crisi, sono ormai quasi 40 milioni, a fare degli italiani un popolo navigatori con 75 minuti di connessione mobile media giornaliera e forti tassi di crescita. «C’erano voluti 10 anni perché la banca online diventasse rivale della rete di agenzie, ma sono bastati due anni perché il mobile banking superasse l’online», ha detto di recente Ralph Hamers, ad del gruppo Ing, presentando il piano strategico “Think forward”. L’istituto olandese di reti e navigazione s’intende: fu pioniere della banca diretta e ne resta leader mondiale con 32 milioni di clienti, oltre un milione italiani, che per più del 35% utilizzano soltanto applicazioni mobili. “Self first, advice when needed” (prima da soli, se serve assistiti), è tra i motti usati da Ing per il nuovo piano; ed è una massima che, forse con meno slancio modernista, si attaglia alle banche italiane, che secondo la dimensione e il grado di innovazione si muovono per non farsi disintermediare dalla fascia crescente di clienti che ormai vive la digitalità come irrinunciabile crisma quotidiano.
Anche in fatto di interfaccia di gestione dei conti il mercato corre: le prime dieci banche hanno quasi tutte applicazioni (App) dedicate per gestirli via smartphone, metà di queste - tra cui Unicredit, Mps, Bnl-Bnp Paribas, Banco popolare - hanno originato esperienze tutte digitali, anche come strumento di marketing per le fasce più giovani. Agli operatori più piccoli invece tocca inseguire: non potendosi permettere strutture informatiche interne che fanno prodotti e servizi ad hoc, spesso si appoggiano a consorzi come Icbpi, Iccrea, Cedacri, che li offrono standardizzati; e raramente questo gioco in difesa crea vantaggi competitivi.
La convinzione con cui le grandi banche commerciali stanno abbracciando le novità tecnologiche ha anche a che fare con le esigenze di ridurre i costi del personale, poco sostenibili nella prolungata fase di tassi di interesse a zero. 1.500 spariranno nei prossimi anni, anche per il fatto che le transazioni online contano ormai per metà del totale. Gli esperti, tuttavia, notano come sia pericoloso farsi guidare dalla lente dei risparmi, che può far perdere di vista i ricavi e la centralità del cliente. Anche in questo caso si cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: i recenti piani strategici di Intesa Sanpaolo e di Unicredit ne offrono esempi, tra nuove piattaforme multicanale, rafforzamento del mobile commerce, agenzie sempre più “leggere” (di contanti, anche) e consulenziali, orari sempre più estesi.
L’ulteriore grande novità viene dai sistemi di pagamento mobili, un mercato mondiale in ascesa dai 12 miliardi di dollari nel 2012 ai 90 miliardi stimati nel 2017. L’accelerazione è attesa anche in Italia, dove grazie alle misure del governo sta per scattare l’obbligo di adottare il Pos per i liberi professionisti. E le banche sono chiamate a fornire a imprese e privati soluzioni di incasso simili a quelle che gli aggregatori globali già offrono.
I principali istituti cercano da mesi di far evolvere l’offerta tenendo come perno la filiale perché il presidio della prossimità fisica resta un elemento centrale per certe fasce di utenza e per ogni transazione.

venerdì 14 marzo 2014

Bollettino marzo. I trend del mese

Ho trovato su Le News di Of questo articolo molto curioso che riassume quali sono i trend del mese di marzo per quanto riguarda i servizi offerti dalle banche.

Conti correnti, mutui e conti di deposito sono i prodotti di punta del mese. Ecco i motivi:
  1. Il conto corrente con rendimento e i prodotti che remunerano la liquidità sono i protagonisti delle promozioni del mese. Seguiti da quelli che permettono di ottenere sconti e premi se si presenta un amico alla banca e da quelli che fanno collezionare punti se si usa Internet o la filiale non nei classici orari di ufficio.
  2. Tornano le campagne dei mutui, grazie a spread ridotti e un debole ritorno della domanda. Ma bisogna fare attenzione, perché spesso queste riduzioni sono bilanciate da un aumento di altri costi, come le spese di istruttoria.
  3. Anche in un periodo di tassi in calo per i conti di deposito, restano alcune proposte, soprattutto da banche in crisi, che permettono di arrivare fino a quota 5% se si preferisce vincolare a lungo termine, fino a 60 mesi. 
Tra i migliori del mese vediamone alcuni:

Il conto corrente: Conto Family di Banca Marche
Banca Marche ha presentato il 14 febbraio 2014 il nuovo conto correte Family dedicato alle famiglie. Ha un canone mensile di 7 euro (gratuito i primi 6 mesi) che include un numero illimitato di operazioni, carta bancomat, Internet banking e, a scelta, una carta di credito o 12 prelievi da altre banche.
Ma sono previsti sconti per ridurne il costo in base agli altri prodotti e servizi che si includono nel pacchetto come l’utilizzo della carta di credito per gli acquisti, la sottoscrizione di un mutuo o di un presti o l’accredito dello stipendio. A pagamento, si possono includere al canone mensile anche 0,50 euro per la sottoscrizione di una polizza o del servizio Informazione Viaggi per ottenere informazioni su eventuali vacanze e sconti presso i principali tour operator.

La carta: Mediolanum Freedom Easy Card di Banca Mediolanum
Si conosce ancora poco della nuova prepagata lanciata da Banca Mediolanum il 7 marzo 2014, Mediolanum Easy Freedom Card. Non si conoscono ancora i costi ma si tratta di una carta dotata di tecnologia contactless e NFC nata dalla collaborazione con CartaSi, che il cliente può personalizzare scegliendo tra 4 colori diversi e inserendo la propria foto.

L’assicurazione: BPMVita Tutela Dinamica di Banca Popolare di Milano
BPM ha presentato, il 4 marzo 2014, la nuova polizza BPMVita Tutela Dinamica. Si tratta di una polizza multi ramo che permette di investire un capitale minimo di 10.000 euro come segue: il 30% su una linea assicurativa a gestione separata garantita al 100% e il 70% su fondo interno dinamico con l'obiettivo di protezione dell’80% del massimo controvalore raggiunto dal fondo interno. La durata va da un minimo di 6 anni a un massimo di 20 ma dopo il primo anno è possibile riscattare la polizza senza penali.


martedì 25 febbraio 2014

Mps, a banda del 5% i pm contestano una truffa da 90 milioni

Ancora una volta Banca Mps è nel mirino...Leggete, di seguito, l'articolo del Sole 24 Ore. 

Associazione a delinquere transnazionale finalizzata alla truffa. È l'accusa che i Pm di Siena rivolgono agli undici indagati (fra i quali Baldassarri, Toccafondi, Fabris e Pontone) per otto dei quali hanno chiesto la misura cautelare della carcerazione preventiva, negata dal Gip, che con un provvedimento di 35 pagine ha però disposto il divieto di espatrio ravvisando, secondo quanto riferisce una fonte giudiziaria, "concreti e reali" pericoli di fuga e di inquinamento probatorio "ad esempio attraverso la dissipazione o la schermatura dei proventi della truffa".
Vittima principale della truffa, secondo i magistrati senesi, sarebbe stata "banca Mps insieme ad altri soggetti". Secondo una fonte a diretta conoscenza della vicenda l'ammontare della truffa sarebbe quantificabile in "circa 90 milioni di euro", 47 dei quali erano già stati sequestrati in diverse tranches fra gennaio e ottobre dello scorso anno, tra gli altri, a Baldassarri, ai titolari della società Enigma e ad altri broker e funzionari di Mps. Queste somme erano state sequestrate in diversi paesi, fra i quali l'Italia, la Gran Bretagna, San Marino e Vanuatu.
Secondo una fonte giudiziaria, le somme eccedenti quelle già sequestrate "non sono tutte riconducibili all'attività di Enigma" e si troverebbero in varie località "fra cui Londra, Singapore e Lugano" alle cui autorità i magistrati senesi hanno chiesto collaborazione tramite rogatorie.
Le perquisizioni sono ancora in corso.
Domani i pm presenteranno al tribunale del Riesame di Firenze l'appello contro la decisione del Gip di Siena, Ugo Bellini, di negare la custodia cautelare in carcere a otto degli indagati.

mercoledì 22 gennaio 2014

UniCredit cede a fondo americano rischio su portafoglio prestiti

Dopo un po' di tempo di assenza riprendiamo da dove abbiamo lasciato.
Ecco qui un articolo tratto dal Sole 24 Ore che tratta di un accordo firmato tra UniCredit e il fondo americano Mariner Investment Group.

Un'operazione di cartolarizzazione sintetica innovativa quella che ha annunciato UniCredit insieme al fondo americano Mariner Investment Group, società di asset management che ha messo a disposizione 450 milioni di dollari per investimenti innovativi nei crediti alle infrastrutture. I due fondi - International Infrastructure Finance Fund e il Mariner Breakwater Fund - sono stati costituiti raccogliendo risorse da investitori istituzionali - in prevalenza fondi pensione americani - persuasi che sia tornato il momento di investire sul rischio europeo.

L'accordo firmato con l'istituto italiano, il primo di questa natura, prevede la cartolarizzazione di 910 milioni di euro relativo a un portafoglio di prestiti italiani nel settore del project finance utilizzati per investimenti in infrastrutture, energia e trasporti. Questi prestiti rappresentano il sottostante per l'emissione da parte dello spv cui è stato trasferito il portafoglio di UniCredit di junior credit linked notes di cui il fondo americano ha sottoscritto una quota. L'investimento di Mariner è stato di circa 45 milioni di euro.

Per UniCredit l'obiettivo dell'operazione è di «ottimizzare ulteriormente l'allocazione del capitale, in linea con la strategia perseguita di migliorare la profittabilità ponderata per il rischio - si legge in una nota -. Il capitale che verrà reso disponibile a seguito dell'operazione sarà reimpiegato nello sviluppo di nuovi business» e soprattutto servirà per fare circolare quella liquidità nell'economia reale da tempo auspicata.

I fondi americani, a cominciare dagli hedge fund, sono tornati a guardare l'Europa con interesse per le potenzialità di rendimenti, dal momento che le banche europee saranno costrette a cedere asset per rispettare i parametri di Basilea III.

Mariner Investment Group raccoglie fondi da investitori istituzionali a lungo termine per impiegarlo in progetti infrastrutturali. La struttura dell'investimento è una novità anche per il fondo americano e, secondo alcuni osservatori, rappresenta il primo esempio di come sbloccare risorse e fare affluire fondi dal vasto mondo dello shadow banking all'economia reale.

mercoledì 25 settembre 2013

Mps: fumata nera sul piano di ristrutturazione, slitta a nuovo cda

Il Sole 24Ore comunica che il Cda di MPS, riunitosi ieri, ha rinviato l'approvazione del Piano di Ristrutturazione a un prossimo Cda.

«Banca Monte dei Paschi di Siena comunica che nel corso del Consiglio di amministrazione odierno si è deciso di rinviare ad un prossimo CdA l'approvazione del Piano di Ristrutturazione, a causa della necessità di completare l'iter formale da parte della Commissione Europea». Così, in una nota, Banca Monte Paschi dopo il cda di oggi. «Infatti - prosegue la nota - pur essendo terminati i lavori tecnici di messa a punto dello stesso, non è stata finalizzata la fase formale istruttoria tra ministero dell'Economia e delle Finanze e Commissione Europea».

lunedì 8 luglio 2013

Il bonifico senza password con l'app Banca Mediolanum si allea a PayPal

Per la prima volta, ci spiega il Sole 24 Ore, il colosso dei pagamenti online si accorda con una banca italiana.

Trasferimenti di denaro in tempo reale, da un indirizzo email a un altro, o da un numero di cellulare a un altro. E' il servizio di cui dal 15 luglio potranno usufruire i clienti di Banca Mediolanum, che ha siglato un accordo con PayPal per lanciare Send Money. Il primo di PayPal con una banca italiana. In sostanza, i clienti di Banca Mediolanum accedendo alla app dell'istituto su iPhone e su smartphone Android (in seguito anche Windows Phone) potranno inviare denaro dal loro indirizzo email o dal loro numero di cellulare alla mail o al cellulare di un beneficiario che abbia un conto PayPal.
Il trasferimento, ha spiegato l'amministratore delegato Massimo Doris, «avverrà immediatamente, con la valuta del giorno stesso, non come per i bonifici, e senza bisogno di inserire password o Iban. Il cliente di Banca Mediolanum non deve avere necessariamente un conto PayPal, mentre il beneficiario sì, se così non fosse riceverà una mail in cui gli si chiede l'apertura dell'account». Il costo è di 35 centesimi, «che vanno a PayPal», ha precisato Doris. Al momento si parte con il mobile, poi il servizio potrà essere ampliato su altri canali. Per la banca fondata da Ennio Doris e ora guidata dal figlio Massimo si tratta di un modo per aumentare l'offerta di strumenti alla clientela, per il colosso dei pagamenti online è il primo accordo con una banca italiana.
«All'estero lavoriamo con oltre 150 istituzioni finanziarie», ha spiegato il General Manager di PayPal Italia Angelo Meregalli. L'Italia «è un mercato con una grande propensione all'utilizzo degli smartphone, ma nel settore dell'e-commerce resta una Cenerentola». Con le banche estere, spiega il manager, «forniamo vari tipi di servizi. Oltre al trasferimento di denaro sul modello di quello che offriamo in Italia con Banca Mediolanum, per esempio, che è molto apprezzato all'estero, abbiamo il servizio di linked account, in cui è possibile collegare direttamente il conto PayPal al proprio conto corrente effettivo». Meregalli, in PayPal dal novembre 2012 dopo 11 anni in Unicredit, spiega che per il gruppo «collaborare con le banche è un'opportunità, non un fondamento strategico». A questo, quindi, non seguiranno a brevissimo altri annunci simili, «a meno che una banca non cerchi qualcosa di distintivo nei propri servizi e qualcosa che abbia una dimensione internazionale. Il mercato italiano sta riacquistando dinamicità negli ultimi anni». PayPal ha «ottime relazioni e contatti con tutti gli istituti di credito, le discussioni sono aperte, mi piacerebbe estendere le nostre operazioni, ma le nostre energie sono nell'e-commerce e nel mobile e-commerce e le priorità la multicanalità e il business cross border. Il resto è importante, ma non vitale». Anche perché «in Italia siamo ancora in una fase in cui c'è un grandissimo potenziale ma tanta preoccupazione nel raccoglierlo, sia da parte degli esercenti, che delle banche che restano ancorate alle loro logiche che dei consumatori, reticenti a sistemi di pagamento elettronici. L'Europa, per esempio, non presenta questo panorama: abbiamo collaborazioni molto interessanti con banche in Spagna o in Polonia o in Inghilterra, anche più che negli Stati Uniti». Niente di definito, dunque, ma tavoli aperti. E con Mediolanum ci sono altre sinergie allo studio? «Questo accordo – ha concluso Meregalli - è un buon inizio, c'è una road map ambiziosa, in cui crediamo entrambi». Pay Pal ha 128 milioni di conti attivi, è disponibile in 193 Paesi e il volume totale dei pagamenti elaborati nel I trim e' pari a 41 miliardi di dollari.

giovedì 13 giugno 2013

La Grecia esce dai Pigs ed entra nei Bric

Il Sole 24 Ore: brutte notizie per la Grecia.

La sfortuna sembra accanirsi con la Grecia. Il Paese ellenico è stato declassato oggi da Msci - società che gestisce panieri finanziari - da Paese sviluppato a Paese emergente. La decisione è stata presa anche in considerazione del crollo della Borsa di Atene (-87% dal 2007).
Il timing del declassamento non è dei migliori. Perché gli analisti finanziari sono sempre più convinti che sui Paesi emergenti incombe il rischio dello scoppio di una bolla finanziaria. Nelle ultime due settimane borse, bond e valute di Brasile, India, Russia e Cina (i cosiddetti Bric) sono stati venduti. Ma nell'elenco si possono inserire anche Turchia, Messico e Filippine, Paesi che rientrano a tutto tondo nella sfera degli emergenti. Come mai? L'ipotesi di uno stop o di un rallentamento del quantitative easing statunitense potrebbe colpire in primo luogo i mercati emergenti che sono quelli ad aver maggiormente beneficiato dell'enorme liquidità iniettata dalle banche centrali, con la Federal Reserve in prima fila
Ovviamente per la Grecia si tratta solo di una coincidenza che, peraltro, potrebbe non avere alcuna influenza sull'andamento finanziario degli strumenti quotati. Ma fa comunque riflettere il fatto che la cattiva sorte sembra non volere abbandonare Atene, neanche quando si tratta di iniziare una nuova avventura: da quella sfortunata nei Pigs a quella che nasce oggi nei Bric.

martedì 4 giugno 2013

Scatta l’ultima chiamata per Aedes la decisione alle banche creditrici

La Repubblica annuncia che il destino della società immobiliare quotata in Borsa Aedes è nelle mani degli istituti di credito. Le banche saranno chiamate a decidere se continuare a dare fiducia alla società oppure no. 

Milano - I fili del destino di Aedes sono tenuti dalle banche. Gli istituti di credito dovranno decidere, a breve, se continuare a dare fiducia alla società immobiliare quotata in Borsa oppure no. Saranno chiamati a farlo non solo in qualità di creditori, ma pure di azionisti, visto che circa il 20% del capitale della società è in mano proprio ad alcuni degli istituti più esposti e cioè: Banca Popolare di Sondrio, Monte dei Paschi di Siena, Crédit Agricole, Unicredit, Natixis. Prima dell’assemblea di fine mese, il 27 giugno, l’ad Giuseppe Roveda presenterà alle banche un nuovo piano, che intende cambiare radicalmente la società immobiliare. Più property company, con il giusto mix di servizi e sviluppo. Piazza Affari finora ha reagito all’ipotesi di rilancio, facendo schizzare il titolo al rialzo, sulla scorta dell’idea che possa entrare nel capitale un nuovo socio accanto agli Amenduni, che detengono il 26,2% del capitale. A fine 2014 vanno a termine importanti tranche del debito di 430 milioni. Occorre dunque ridiscutere tutte le scadenze. Questo è il primo passaggio, se Roveda riuscirà a convincere gli istituti che sarà in grado di trasformare Aedes in un gruppo capace di generare ricavi, anche in assenza di vendite immobiliari, allora arriverà a salvare la società. Diversamente, l’esito potrebbe essere davvero nefasto. Roveda dovrà riuscire a persuadere che la nuova Aedes sarà in grado di generare cassa sufficiente per sostenere l’indebitamento. Mossa non
semplicissima, se si guardano i risultati 2012 e quelli dei primi mesi 2013. L’anno scorso la società ha fatto pulizia nei conti, un’azione propedeutica alla definizione del piano di rilancio ed alla manovra finanziaria. Dopo due successive perizie è emerso uno scostamento significativo tra i valori di mercato del portafoglio ed i corrispettivi valori di libro. A parità di perimetro, il patrimonio immobiliare consolidato del gruppo al 31 dicembre 2012 è stato valutato a 412,8 milioni di euro, rispetto ai circa 646,8 milioni di euro al 31 dicembre 2011. Il risultato delle svalutazioni è stato una perdita di 252 milioni di euro. E questo a fronte di ricavi quasi dimezzati, a circa 37 milioni di euro. Nel primo trimestre del 2013 si sono aggiunti altri 4 milioni di euro di rosso, che hanno portato le perdite cumulate comprese quelle dell’anno scorso a quota 256 milioni. Così il patrimonio netto, a marzo, è andato a 57 milioni di euro (era a 61 milioni a fine 2012) rispetto all’ammontare del capitale sociale pari a 284 milioni di euro, quindi con una diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo. La perdurante crisi del mercato immobiliare italiano ha, inoltre, rivelato l’inefficacia del piano di ristrutturazione lanciato ormai 4 anni fa. Il cda ha così dovuto disporre una rivisitazione “critica” di quanto impostato per sostenere la Convenzione ex articolo 67 (cioè l’accordo stragiudiziale tra banche e azienda sul debito). Il nuovo piano servirà, dunque, per definire una nuova Convenzione con le banche. Questo accordo è il vero muro che Aedes dovrà superare per poter continuare a vivere. Prima che si palesino eventuali cavalieri bianchi è necessario dunque attraversare il guado. Solo dopo aver superato il collo di bottiglia della ridefinizione degli accordi sul debito si potrà cominciare a fantasticare sull’apparizione (anche se la Borsa con la fantasia ha già fatto registrare al titolo un +30% in una settimana) di un investitore disposto ad affiancare la famiglia Amenduni. In effetti, a seguito dei rumors sull’arrivo imminente di un nuovo socio, la società, su richiesta di Consob, ha precisato con una nota ufficiale di non aver sottoscritto, al momento “alcun accordo, neppure preliminare” con soggetti “potenzialmente interessati all'ingresso nel capitale.' Il piano di rilancio che dovrebbe dar vita alla nuova Aedes poggia su cinque pilastri fondamentali, inclusa la manovra finanziaria. Le linee guida sono già state comunicate, mentre i dettagli verranno presentati a banche ed azionisti principali nelle prossime settimane. Gli stepsaranno: un aumento di capitale per cassa, le cui risorse serviranno per migliorare il portafoglio immobiliare investendo in attività a reddito (come retail e office), per riqualificare alcuni asset core già di proprietà, per l’avvio di nuovi progetti di sviluppo e per finanziare l’attività corrente e dei fondi immobiliari. È previsto, successivamente, un aumento di capitale in natura, riservato a terzi, finalizzato al conferimento di asset a reddito per incrementare ulteriormente il portafoglio e ad operazioni di sviluppo ad alta visibilità. E ancora: la predisposizione di un piano di riorganizzazione del gruppo e la formazione di una nuova struttura coerente con la nuova strategia. Un ulteriore passaggio sarà il riposizionamento di Aedes Bpm Sgr (oggi ha un Aum di circa 700 milioni di euro) “attraverso eventuali aggregazioni con altre Sgr”, recita una nota. Infine il nuovo accordo con le banche: “con l’obiettivo di realizzare rapidamente il risanamento economico del gruppo e favorire l’ingresso di nuovi investitori, funzionale al rilancio della società”.

martedì 28 maggio 2013

Mutui al punto di non ritorno. Tre mosse per farsi furbi allo sportello

Dal Sole 24 Ore brutte notizie per quanto riguarda i mutui e i prestiti bancari. Ma c'era da aspettarselo.

Quello attuale, non ci vuole la sfera di cristallo per saperlo, non passerà agli annali per essere il momento più semplice per ottenere un mutuo o per cambiare le condizioni in corsa del proprio prestito ipotecario. Le erogazioni sono in profondo calo, così come le richieste. Perché è come un cane che si morde la coda. Da un lato molte banche non intendono spingere in questo momento di magra nel prodotto mutui, di certo molto meno profittevole, soprattutto nel brevissimo periodo, rispetto ad altri modi di "impiegare" il capitale. Dall'altro molte famiglie, prevedendo che la crisi continuerà, preferiscono giocare di riserva con un atteggiamento guardingo. Magari aspettando nuovi cali del mercato immobiliare. In attesa di
capire quello che ne sarà dell'Imu sulla prima casa o di altre misure atte a rivitalizzare un mercato delle case piombato violentemente agli anni '80. Insomma, domanda e offerta non vanno, per motivi diversi, d'amore e d'accordo in questo momento quando si parla di mutui. Ne consegue che per chi è orientato in questa direzione le scelte si fanno più difficili. Gli spread praticati dalle banche sui prestiti ipotecari restano infatti vicini ai massimi da quando è stato introdotto l'euro. Nella migliore delle ipotesi si riesce a spuntare un 3% sul fisso e un 2,8% sul variabile. Siamo lontano anni luce da spread sotto l'1%, agevolmente praticati fino al 2008. Di converso, gli indici europei che si sommano allo spread e che determinano poi il tasso di interesse finale a carico del destinatario, sono ai minimi di tutti i tempi. Gli Euribor (le cui variazioni incideranno nel bene e nel male nelle rate future di chi opta per un tasso variabile) sono pressoché azzerati: l'indice a 1 mese è allo 0,112% e il trimestrale allo 0,2%. Nei prossimi cinque anni - secondo i future sull'Euribor quotati sul mercato Liffe - dovrebbere lentamente salire ma restare comunque sotto il 2%. Che dire degli Eurirs (gli indici che interessano solo al momento della stipula, perché è in quel giorno che vengono presi e fissati sul piano di ammortamento, gli aspiranti mutuatari orientati verso il tasso fisso)? Mai così bassi. L'Irs a 10 anni quota 1,66%, l'Irs a 20 a 2,7% e il 25 anni (molto gettonato perché 25 anni è la durata media oggi richiesta per un mutuo) si attesta al 2,3%. Sommando gli addendi il fattore cambia. I migliori variabili (forti di Euribor praticamente azzerati) si stipulano oggi poco sopra il 3%. I migliori fissi poco oltre il 5%. La differenza, 200 punti base, non è di poco conto. Soprattutto in un momento come questo in cui il pericolo che gli Stati dell'Eurozona girovaghino ancora a lungo intorno alle sabbie mobili dei tassi vicino a quota zero resta alto.


lunedì 20 maggio 2013

Il real estate si prepara ad una stagione di rilancio

Sul Sole 24 Ore si legge che il Real Estate punta al rilancio.

Registrare le statistiche ma muoversi sulle voci. La regola d'oro dei trader borsistici, per una volta, va applicata anche al mercato immobiliare: perchè se è vero che i dati a consuntivo mostrano un mercato residenziale a passo di gambero e un settore degli uffici dove gli sfitti aumentano e i canoni scendono, in realtà i grandi operatori esteri si stanno muovendo di gran lena e stanno trattando deal importanti, a suon di centinaia di milioni di euro l'uno.
Morgan Stanley, Blackstone, Cerberus, Axa real estate, Allianz Re sono solo alcuni dei potenziali compratori attivi in questa prima parte del 2013. La stessa Cbre registra, senza fare nomi e cognomi, una ripresa del mercato dei grandi investimenti. Dopo un 2012 davvero da dimenticare, nei primi tre mesi dell'anno sono già state concluse operazioni per 620 milioni di euro, con un aumento del 36% rispetto all'ultimo trimestre dell'anno scorso. Solo a Milano le operazioni in pipeline valgono 1,5 miliardi di euro, a cui se ne aggiungono altri 1,3 miliardi per il resto dell'Italia. E, va sottolineato, che non si tratta solo di offerte sui desk dei compratori, ma di trattative già alla fase dell'esclusiva.
Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, tra i deal in corso, Morgan Stanley tra trattando gli immobili Auchan, nello specifico il 50% di un portafoglio del controvalore di 700 milioni di euro (i dettagli su Casa24Plus di domani). Tra le branch immobiliari dei gruppi assicurativi, molto attive Axa real estate che sta comprando il Bodio Center a Milano e Allianz Re, sempre a Milano, che sta valutando l'acquisizione della sede di Deutsche Bank, ex sede Campari. Il colosso americano Blackstone, che nel mondo gestisce qualcosa come 57 miliardi di dollari, è in esclusiva sul Franciacorta outlet village per circa 130 milioni e sta cercando di trattare il passaggio di mano dell'intero Fondo Due di Prisma Sgr (ex Zero Sgr), che contiene immobili di gran pregio a Milano e Roma. Anche il Da Vinci retail park è un dossier sui tavoli dei legali specializzati in real estate, con un'offerta in fase avanzata da parte del gruppo Gwm, basato a Londra ma che fa capo ad italiani "di nome".
Comune denominatore dei deal, la forte discesa dei prezzi che, finalmente, segue l'andamento dei mercati esteri. I rendimenti per gli acquirenti si sono così portati intorno, e anche al di sopra, del 9%, rendendo appetibili le operazioni al vasto mercato degli investitori internazionali, che non hanno il problema di dover reperire finanziamenti bancari da istituti italiani. Insomma, allo sbloccarsi dell'ingessamento dei valori ha subito corrisposto, nonostante la tanto gridata incertezza politica, un reale interesse da parte degli investitori. Così, ben venga anche nel residenziale un ulteriore aggiustamento dei valori, unica via – insieme alla ripresa dell'erogazione dei mutui – per portare un po' di vento nella palude stagnante delle compravendite di case.

venerdì 10 maggio 2013

Banche, in Europa si allenta la stretta del credito. In Italia no



Leggendo il Fatto Quotidiano....


Nel primo trimestre dell’anno ha continuato a ridursi la stretta creditizia per le imprese e le famiglie ma il calo netto della domanda di prestiti si è accentuato, soprattutto per quelli alle famiglie. E’ quanto emerge dall’indagine sul credito bancario nell’area dell’euro per il primo trimestre del 2013 pubblicata sul bollettino mensile della Bce.
Nei primi tre mesi, per l’area dell’euro nel suo complesso, rileva l’Istituto di Francoforte, “l’irrigidimento netto dei criteri di concessione dei prestiti applicati dalle banche alle imprese è diminuito, portandosi al di sotto della media storica calcolata dall’inizio dell’indagine nel 2003. Anche quello sui prestiti per l’acquisto di abitazioni ha mostrato un’attenuazione, pur rimanendo lievemente superiore alla relativa media storica. Per quanto riguarda il credito al consumo, il livello di irrigidimento netto si è mantenuto ampiamente in linea con la media storica”.
Per quanto riguarda la domanda di prestiti da parte delle imprese, le banche dell’area dell’euro “hanno segnalato che il calo netto è rimasto sostanzialmente invariato nel primo trimestre del 2013, collocandosi su un livello di gran lunga inferiore alla media storica. Secondo gli istituti interpellati, tale andamento ha riflesso soprattutto il contributo negativo degli investimenti fissi. Nello stesso periodo la perdurante flessione netta della domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni e credito al consumo da parte delle famiglie si è accentuata, a indicare che la contrazione netta della domanda è tornata su livelli comparabili a quelli dichiarati nel 2012”. Per il secondo trimestre del 2013 le banche “si attendono un grado di irrigidimento netto per i prestiti alle imprese invariato, nonchè un’ulteriore riduzione di quello riguardante i prestiti erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni e per i consumi”.
Nessun barlume di speranza per l’Italia, invece, dove secondo i dati della Banca Centrale a marzo è cresciuta ancora la contrazione dei prestiti bancari ai privati. I dettaglio, i finanziamenti sono scesi su base annua dell’1,6%, contro il -1,4% di febbraio. I prestiti alle famiglie sono scesi dello 0,8% sui 12 mesi (-0,7% a febbraio), quelli alle società non finanziarie sono diminuiti del 2,8% (-2,7% a febbraio).
Insomma, l’unica nota positiva registrata da Bankitalia, è stato un calo degli interessi sui mutui. Secondo i dati dell’istituto, i tassi sui finanziamenti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni sono diminuiti al 3,90 per cento (3,98 per cento a febbraio) e quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo sono diminuiti al 9,64 per cento (9,78 a febbraio). I tassi d’interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie, invece, sono rimasti pressochè invariati, così come quelli passivi sul complesso dei depositi in essere.
Sul fronte delle banche, infine, accelera il tasso di crescita delle sofferenze sui 12 mesi che è aumentato al 21,7% rispetto al 18,6% del mese precedente. L’aumento del tasso di crescita delle sofferenze sarebbe da attribuire al proseguire della congiuntura economica negativa. Nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria di qualche settimana fa la Banca d’Italia segnalava un peggioramento del flusso di nuove sofferenze per le imprese, specie quelle delle costruzioni, a causa del perdurare della crisi.“Secondo gli indicatori prospettici – spiegava il rapporto – sarebbe in atto un ulteriore deterioramento: l’indice basato sul passaggio dei prestiti alle imprese tra le diverse categorie utilizzate dalle banche a fini gestionali è ancora peggiorato; sono inoltre aumentate sia la probabilità di ingresso in sofferenza entro un anno, sia la quota dei prestiti a debitori in temporanea difficoltà”.

mercoledì 24 aprile 2013

Crolla il mercato della casa? Mah, non sembrerebbe

Dalle news di Of-Osservatorio finanziario arriva un barlume di speranza per quanto riguarda la compravendita nel settore immobiliare.

Le compravendite di immobili ad uso residenziale, dice l’Istat, sono calate drasticamente, arrivando a fine 2012 a segnare un tondo -25%. Anche se l’idea che ci si può fare è che, forse, il dato reale sia molto più consistente. Anche i prezzi delle case, continua l’Istat, nel quarto trimestre del 2012, sono diminuiti. Facendo registrare un 1,5% in meno rispetto al trimestre precedente. Che diventa -4,6% se confrontato con il dato dello stesso periodo del 2011. Dovrebbe essere una buona notizia per chi cerca casa. Ma anche in questo caso, permane lo scetticismo. Online, sui forum, nelle pagine dei commenti e sui social network, nonché tramite email inviate alla redazione di Of-Osservatorio finanziario, i lettori si scatenano. “Penso che il dato sia sovrastimato. Probabilmente fa riferimento ai prezzi proposti, che sono in calo. Bisognerebbe conoscere i prezzi reali di compravendita, ma questo è uno dei capitoli più oscuri del mercato immobiliare italiano”, accusa Max. “Qualcuno mi spiega in quale parte d'Italia è avvenuto questo calo di prezzi?”, ironizza Giocons1. E ancora, “le case sono comunque sempre troppo care, specialmente quelle esistenti”, recrimina Alzatiitalia.

Come stanno davvero le cose? Chi ha ragione e chi torto? Cos’è successo, veramente, ai prezzi delle case? E soprattutto, cosa accadrà in futuro?
Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari, non ha dubbi: hanno ragione i lettori. “Sembra paradossale. Ma nonostante scendano le compravendite di case, i prezzi non calano”, conferma, “è un po’ lo stesso fenomeno che accade per le automobili e sembra normale che, nonostante il crollo (superiore a quello delle case) nelle vendite di nuove auto i prezzi dei modelli non scendano, anzi salgono sempre un pochino. E neppure accade che si vendano solo le Tata o le Yaris che costano meno di 10.000 euro: il mercato compra le Audi o le Ypsilon e si mette in fila. Per le case nuove (come per le auto) ci sono i costi di produzione che, oltre una certa soglia, non sono comprimibili”. Meglio quindi orientarsi sull'usato? “Anche qui, dipende”, risponde cauto Breglia, “la componente principale del prezzo è la localizzazione, cioè il prezzo medio della zona. Questo fa sì che le quotazioni medie tengano molto perché, per zona urbana, ci sono poche offerte e molte richieste. E la pressione della domanda, anche se spesso non diventa compravendita, rimane alta”.

E in futuro?
Cosa accadrà nei prossimi mesi ai prezzi applicati? Gli esperti sembrano dare un po’ di speranza. “Se dovesse perdurare la crisi, potrebbe aumentare la necessità di vendita per le famiglie a maggior rischio”, interviene Giordano (Adiconsum) , “questo potrebbe prolungare la riduzione dei prezzi e una loro ulteriore diminuzione". “Si prevedono ulteriori diminuzioni”, svela, infatti, Dondi (Nomisma) che anticipa, “ci attendiamo una riduzione stimata intorno al -5% alla fine di quest’anno, a cui si aggiungerà un -4% nel 2014”. Ma è ancora presto per sperare in una ripartenza del mercato immobiliare. “Per il momento non ci sono le condizioni”, continua Dondi, “si stima che un leggero miglioramento si potrà iniziare a intravedere a partire dal secondo semestre 2013. Ma certamente non si ritornerà agli stessi livelli del triennio pre-crisi 2004-2007. Una stabilizzazione si potrà avere solo a partire dalla seconda metà del 2014. Ma molto dipenderà anche dalle banche. La crisi delle compravendite è necessariamente dovuta a una mancata concessione di credito”.

lunedì 25 marzo 2013

«Meglio comprare monete che lingotti»

Il Sole 24 Ore ragiona sulle monete e i lingotti d'oro:

«Francamente mi aspettavo che l'oro facesse un po' di più in questi ultimi giorni, specialmente dopo la crisi cipriota, invece è rimasto appena un po' sopra i 1.600 dollari per oncia. Probabilmente questo è dovuto al fatto che molti fondi investiti in oro hanno venduto, frenando il naturale aumento dei prezzi», dice Roberto Binetti, amministratore delegato di Confinvest, società che dal 1982 intermedia nel settore dell'oro fisico e delle monete auree. «Comunque – aggiunge – molte Case d'investimento americane, che di solito sono molto attendibili sull'andamento del metallo prezioso, prevedono che il prezzo possa arrivare a 2.000-2.500 dollari per oncia entro 12-18 mesi. E, anche da un punto di vista tecnico, se viene superata quota 1.700 l'oro è certamente destinato a spiccare il volo».
Ma un investitore quale quota del suo portafoglio globale dovrebbe destinare all'oro, se vuole difendersi dalle turbolenze valutarie e macroeconomiche? Un po' di anni fa si suggeriva una percentuale del 4-5%... Oggi si può tranquillamente arrivare al 15-20%, proprio in considerazione delle enormi incertezze economiche. Anzi, dirò di più: se l'acquisto è fatto per ragioni difensive (e non speculative) molto meglio comprare l'oro fisico – che fra l'altro oggi ha un prezzo molto interessante – piuttosto che quello cartaceo (Etf e fondi). Il primo lo metti via e si rivaluta nel tempo, difendendo il tuo capitale, l'altro è adatto soprattutto a chi un approccio speculativo.
Restiamo all'idea di difesa del capitale. Se ragioniamo sull'oro fisico, meglio comprare monete o lingotti? In questi ultimi anni il risparmiatore si è avvicinato molto di più alle monete auree (soprattutto la sterlina Elisabetta II), perchè acquistare lingotti significa pagare il prezzo massimo del giorno con l'aggiunta della manifattura. Inoltre i lingotti sono sconsigliati anche per le difficoltà oggettive in caso di vendita. Mentre la sterlina è la moneta aurea più conosciuta al mondo e più monetizzabile senza difficoltà. Comunque ottime scelte restano anche i marenghi italiani e i krugerrand sudafricani.

giovedì 21 marzo 2013

I conti costano il 50% in più. Che fare


Ormai conviene imparare a gestirsi i propri conti solo su internet: è l'unico modo per poter cercare di risparmiare.  Questo è quanto Of ci ricorda.

Le spese per i bonifici sono aumentate. I canoni di abbonamento sono schizzati verso l’alto. Le commissioni applicate sulle operazioni in filiale sono lievitate in pochissimi mesi. BancoPosta ha aumentato la commissione sui bonifici del 40%, passando dai 2,50 ai 3,50 euro. Cariparma ha arrotondato a 5 euro una spesa che prima si aggirava sui 3,30 euro. Segnando una variazione del +51,5%. UniCredit, invece, ha ulteriormente ampliato la soglia di 5 euro, portando le spese totali a 5,25 euro a operazione.
Gestire un conto operando allo sportello costa sempre di più. Per non parlare dei canoni di abbonamento mensile o annuale, che in alcuni casi schizzano verso l’alto. In 12 mesi di rilevazione, su un campione di oltre 90 conti correnti analizzati nel DBPB™ (Data Base dei Prodotti Bancari) di Of Osservatorio finanziario, le spese per le operazioni svolte via filiale sono incrementate in media del 6%, per l’effettuazione di un bonifico verso altra banca. Mentre il costo annuo del conto corrente, al netto delle operazioni, cioè il canone, è passato da 31,85 a 33,93 euro, per un incremento del 6,50%. Ma se si gestisce il conto online, si può riuscire a risparmiare fino al 386%.
Un tempo, fino a qualche anno fa, la distinzione era chiara. O si sceglieva di acquistare un conto corrente di quelli online puri, da gestire interamente via Internet. O si optava, invece, per il cosiddetto conto standard, se l’operatività si preferiva gestirla face-to-face, possibilmente con l’aiuto di un impiegato di sportello. E, bene o male, era chiara anche la distinzione di costo. Il conto online, si sapeva, costava meno. Molto meno. Anzi, spesso era quasi del tutto a zero, visto che l’operatività veniva svolta in modalità fai-da-te. Mentre per il conto standard, i prezzi erano necessariamente più alti.
Poi, con il tempo, sono nati gli ibridi. Quei conti cioè che sono un po’ online e un po’ strumenti tradizionali di gestione del denaro. Che includono in un unico contratto, Internet banking, telefono e sportello bancomat, ma anche filiale e attività di consulenza personalizzata. Si tratta in pratica di conti “multicanale” , come li chiamano le banche. Cioè utilizzabili ovunque, su qualsiasi canale appunto, a seconda delle preferenze. Oppure “modulari” , perché si costruiscono su misura in base alle necessità di utilizzo.
“Quello che leggiamo dal comportamento dei clienti è certamente una preferenza, sempre più forte, a operare liberamente sui diversi canali in funzione delle sue preferenze del momento”, rivela Gianfranco Lertora, Dirigente Pianificazione Commerciale e Marketing di Banca Carige che spiega, “il cliente vuole prelevare e versare denaro su sportelli automatici H24, effettuare comodamente un bonifico da casa ma anche recarsi in filiale per una consulenza qualificata, qualora necessario. In pratica, vuole scegliere la porta più comoda per entrare in banca, con la garanzia di un servizio efficiente, conveniente e disponibile 24x7 grazie ai servizi della banca Multicanale”.
“L'offerta modulare, quindi, offre la possibilità di scegliere prodotti e servizi più rispondenti ai bisogni e di risparmiare denaro grazie, ad esempio, alla scontistica prevista per l'acquisto di più moduli o alle agevolazioni dedicate a chi utilizza le carte di pagamento”, conferma Andrea Gorlato, Responsabile Canali Diretti di UBI Banca.

martedì 12 febbraio 2013

Mutui, banche sempre più avide

Questo è quanto riporta l'Espresso sulla salute delle banche e dei mutui.


E' sul mattone che c'è tensione...La battuta in rima è di Paolo Giordano, segretario generale di Adiconsum, che così sintetizza il tema dei rapporti tra clienti e banche. L'associazione dei consumatori promossa dalla Cisl ha appena sfornato una rilevazione sui costi di mutui, conti correnti e conti di deposito. «Sui prestiti per l'acquisto della casa proprio non ci siamo. Perché gli istituti di credito li erogano in misura sempre più ridotta, cioè per somme che coprono una percentuale sempre più bassa rispetto al valore dell'immobile e con condizioni economiche più onerose che in passato», afferma Giordano. Insomma, secondo l'Adinconsum le banche da un lato fanno fatica a concedere i mutui. Ma quando lo fanno ci guadagnano più di prima. Come? «Tenendo costante lo spread, cioè il differenziale che aggiungono rispetto a quanto loro stesse pagano il denaro», sostiene Giordano.
In realtà, lo spread sui mutui dalle banche italiane negli ultimi mesi è un po' sceso. Certo non quanto lo spread più famoso, quello tra i titoli decennali di Stato tedeschi e italiani. E neppure ha seguito il passo del gambero dell'Euribor, il tasso più utilizzato come punto di riferimento per i mutui a tasso variabile, che un anno fa viaggiava ben sopra l'1 per cento, mentre ora si aggira intorno a quota 0,20. All'inizio del 2012 lo spread medio sui mutui era superiore al 3,50 per cento e ora è vicino al 3,20 per cento. Un taglio asimmetrico.
Nella rilevazione Adiconsum di fine gennaio 2013 si può notare come lo spread delle principali banche non sia sceso, rispetto all'ottobre 2012. Ed è aumentata la rata di 9 dei 10 tassi variabili a 20 anni esaminati. «Lo spread è fondamentale: un punto in più su un mutuo di 100 mila euro può significare anche 60 euro in più al mese», lamenta il segretario dell'organizzazione dei consumatori. Che mette in guardia i potenziali mutuatari su altri due aspetti: il tasso d'ingresso e le polizze assicurative.
«Alcune banche pubblicizzano un tasso molto conveniente, definito "di ingresso", che viene applicato per un anno. Poi al suo posto subentra il tasso a regime, decisamente più allineato con quelli medi di mercato se non, talvolta, addirittura più caro». Molti istituti di credito, poi, di fatto legano la concessione del mutuo alla sottoscrizione di un'assicurazione. Non è un obbligo di legge, ma se il cliente non la vuole rischia di vedersi bocciare la richiesta.
Per l'Adiconsum, il costo della polizza assicurativa caldeggiata dalla banca, se collegata a un mutuo dal tasso apparentemente buono, può azzerare l'iniziale vantaggio competitivo. «Ecco perché prima di firmare bisogna fare i conti mille volte e magari chiedere l'aiuto di un esperto indipendente. E comunque meglio il fisso. Se i tassi tornano a impennarsi la rata variabile può diventare un macigno per molte famiglie. E' già successo un sacco di volte». Intanto, in Spagna il costo medio finale di un mutuo è del 3,06 per cento, da noi del 4,05 per cento. E la bolla del mattone a Madrid c'è stata davvero.


giovedì 7 febbraio 2013

Le banche Ue vendono gli immobili a rischio per ridurre la leva

Il Sole 24 Ore e la sorte del mercato del Real Estate


Le banche europee corrono a vendere le loro proprietà immobiliari, o i mutui, con più problemi. Secondo Morgan Stanley, nel 2013 il valore di queste cessioni salirà a circa 25 miliardi. I motivi? Da un lato, la necessità di ridurre la leva; dall'altro, i timori della crescita delle sofferenze, a causa del cattivo andamento dell'economia Ue. In un simile contesto, i compratori non sono però più (esclusivamente) i private equity. Bensì, anche fondi sovrani od operatori più piccoli.

Il fenomeno
Gli istituti di credito del Vecchio continente, oltre agli scandali legati ai derivati o alla definizione del Libor, affrontano la congiuntura negativa e la necessità di ridurre la leva sul real estate commerciale. In particolare, su quest'ultimo fronte, Morgan Stanley stima il valore del deleveraging attorno a 600 miliardi. Un obietivo che, allo stato attuale, è stato raggiunto per circa il 20-25%. Insomma, la strada da fare è ancora parecchia.
Ecco allora che, dopo la sbornia immobiliare (soprattutto in Spagna) degli anni passati, il passo obbligato è quello di cedere, o svalutare, gli asset di real estate con dei problemi. Royal Bank Of Scotland, ad esempio, ha venduto un paio di immobili per circa 1 miliardo di dollari al Fondo governativo norvegese e ad AXA Real estate Investment managers. In Spagna, invece, il Banco Santander voleva vendere un portafoglio di real-estate a Morgan Stanley, per circa 3 miliardi di euro. Alla fine, però, gli immobili sono stati venduti a più piccoli singoli investitori propnti a pagare prezzi maggiori.

I nuovi compratori
E sì, perchè la nuova caratteristica di questo mercato è l'identikit dell'acquirente. Non si tratta più, infatti, del solito private equity. Bensì, di acquirenti come Fondi sovrani o società immobiliari più piccole. Questi hanno un orizzonte temporale nell'investimento più lungo dei private, e quindi sono disposti a comprare i beni problematici a prezzi maggiori. Cioè, hanno maggiore tempo a disposizione per rientrare nell'investimento.

A caccia di rendimento

Ma non è solo una questione di tempi. L'appeal degli asset di real estate problematicci è dato anche dai loro più alti rendimenti. Attualmente, la grande liquidità in giro, è in cerca di idee dove poter trovare uno yiled maggiore rispetto a quello dei «soliti» titoli di Stato dei Paesi Ue periferici. Così, guarda con interesse al commercio degli immobili proplematici delle banche.

giovedì 31 gennaio 2013

I fondi pensione battono il Tfr

Questo è quanto morningstar.it dice riguardo alle nostre pensioni future:

Nel 2012, i rendimenti medi sono superiori alla rivalutazione del Trattamento di fine rapporto. Dal lato adesioni, però, la recessione e la perdita del lavoro si fanno sentire.
Non succedeva dal 2009. Secondo i dati della Covip, Commissione di vigilanza dei fondi pensione, nel 2012 non c’è stata una categoria che ha segnato una performance media inferiore alla rivalutazione del Tfr, pari al 2,9%.
Nello specifico, i fondi pensione negoziali hanno registrato un rendimento medio dell’8,2%, i fondi aperti del 9% e i Pip (Piani individuali pensionistici) unit linked sono saliti in media dell’8,9%. Anche a livello di sottocategorie, si contano solo rendimenti superiori al Tfr, seppur molto diversi a seconda delle linee d’investimento. Si spazia così dal 3% della linea obbligazionaria pura dei fondi negoziali all’11,4% di quella azionaria pura, sempre dei negoziali.
In generale, si può affermare che i comparti azionari abbiano tutti segnato i migliori risultati, seguiti dai bilanciati e infine dai comparti a reddito fisso. Detto questo, è sempre bene ricordare che nell’investimento previdenziale non si può prescindere da un’ottica di lungo periodo.
Adesioni, caccia ai Pip
Il nodo dolente, tuttavia, rigurda il tasso di adesione ai fondi di previdenza complementare, storicamente molto basso in Italia. Secondo i dati Covip, il 2012 non fa eccezione. A fine anno, gli iscritti al secondo pilastro erano circa 5,8 milioni di persone, il 6% in più rispetto a fine 2011.
Questo (piuttosto deludente) risultato medio nasconde delle divergenze molto importanti tra i vari strumenti. I fondi negoziali, infatti, hanno perso nell’anno l’1,2% degli aderenti, mentre i fondi aperti hanno accresciuto i propri iscritti del 3,7%. Probabilmente (in particolar modo per quanto riguarda i fondi negoziali, stipulati con la propria azienda), la recessione e gli effetti della manovra di risanamento dei conti pubblici comportano una riduzione dell’occupazione e del risparmio, mettendo sotto pressione le iscrizioni alla previdenza complementare.
L’unico segmento del settore che registra forti tassi di crescita è quello dedicato ai Pip, strumenti che hanno infatti aumentato i propri iscritti nel corso del 2012 del 22,2%, arrivando a circa 2,3 milioni di aderenti. I Pip sono spesso più cari dei fondi pensione tradizionali, ma vengono venduti per lo più da società assicurative, le quali possono contare su una capillare rete di distribuzione. Una scelta irrazionale, ma che evidenzia come l’accesso privilegiato e il rapporto di fiducia col cliente, il quale è evidentemente ancora legato alla figura dell’assicuratore o del promotore di famiglia, resta fondamentale in Italia.

Parola d’ordine: informare
“Il sistema della previdenza complementare è da consolidare, irrobustire e rilanciare se si vuole assicurare un futuro pensionistico agli italiani, soprattutto ai più giovani”, ha affermato il presidente Covip, Antonio Finocchiaro, nel corso di un convegno organizzato con il Censis, la settimana scorsa a Roma. Soprattutto, secondo Finocchiaro, occorre colmare la voragine informativa sul secondo pilastro, dal momento che le adesioni restano deludenti e che la fiducia negli strumenti di previdenza complementare è piuttosto scarsa, come evidenzia un recente studio proprio della Fondazione Censis.